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Antisemitismo, Emanuele Fiano sotto scorta da 13 anni: "Nelle università c'è un brutto clima"

Antonio Adelai
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«Il clima nelle università italiane non è rassicurante». Non ha dubbi Emanuele Fiano, già deputato del Pd, candidato alle prossime elezioni Europee sempre con i dem, ed esponente della comunità ebraica di Milano, a proposito di quanto sta accadendo nei nostri atenei in occasione delle proteste pro Gaza, tra scontri con le forze dell’ordine e convegni su Israele che vengono cancellati.

Onorevole Fiano, entriamo nel merito della questione.
«Io sono completamente contrario ad ogni forma di boicottaggio delle relazioni universitarie con Israele, come con qualunque Paese al mondo, perché penso che nelle università si sviluppi il pensiero liberodei cittadini di una nazione. Anche in Israele spesso l’opposizione nei confronti del governo di Benjamin Netanyahu viene proprio dai professori universitari, dagli studenti. Chiedere, dunque, di interrompere i rapporti con quelle università, e peraltro non chiederlo per altri Paesi come l’Iran il cui regime certo non approvo, sa di discriminazione nei riguardi di Israele, discriminazione che non accetto. Ritengo che il boicottaggio sia sempre una misura folle perché va a colpire, nei Paesi che vengono boicottati, anche le persone che ai sistemi politici di quei Paesi si oppongono».

 



Come giudica quanto sta avvenendo nelle nostre università?
«Io penso che, come ha dichiarato la presidente dei rettori delle università italiane, Giovanna Iannantuoni, i nostri atenei debbano rimanere aperti alla collaborazione con le università di tutto il mondo».

Come mai, a suo avviso, anche in Italia l’iniziale solidarietà verso Israele, dopo l’attacco dello scorso 7 ottobre, è scemata?
«La guerra ha avuto una sua evoluzione e trovo del tutto comprensibile che le persone siano colpite, dopo i fatti del 7 ottobre, in Italia come nel resto del mondo, da ciò che avviene a Gaza dove è innegabile che metà dell’edilizia esistente sia stata distrutta, che ci siano migliaia di morti civili. Lo sgomento e la condanna internazionale perla quantità di morti civili palestinesi è dunque comprensibile, anche se aspetto una valutazione internazionale sul numero di vittime. Io dico che Israele ha il diritto di difendersi, che nessun altro Paese al mondo sarebbe stato con le mani in mano dopo quell’attacco, ma che le conseguenze sono adesso insopportabili. Respingo, però, l’idea che dalla critica alle scelte del governo di Israele si possa arrivare per alcuni alla negazione del diritto di Israele di esistere ed alla proposta di uno Stato palestinese che va dal Giordano al Mediterraneo, per altri ad una discriminazione dello Stato di Israele».

C’è un antisemitismo sempre più diffuso in Italia?
«Secondo me, sì. Non sono tra coloro che pensa che qualsiasi critica allo Stato, al governo di Israele sia di per sé antisemitismo, ma che ci siano delle forme di critica allo Stato di Israele che si trasformano in discriminazione ed in negazione del diritto dello Stato di Israele ad esistere, questo sì. In più, e lo posso dire per esperienza personale perché vivo da 13 anni sotto scorta per minacce di stampo antisemita, in questo momento c’è un risveglio dell’antisemitismo, risveglio sollecitato da questo clima che si sta sviluppando intorno alla guerra in Medio Oriente».

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