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Fedez, il chirurgo Zappa dice basta: i motivi dell'addio al Ssn

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«Game over, fatemi scendere». Marco Antonio Zappa, eccellenza mondiale della chirurgia addominale, il medico che a fine settembre curò in urgenza Fedez per il sanguinamento di due ulcere e che il rapper ringraziò pubblicamente uscendo dall’ospedale, dice addio al Servizio sanitario nazionale per il quale ha lavorato da inizio carriera. Da oggi, primo marzo, non è più direttore dell’Uoc di Chirurgia generale dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano. Dopo oltre 40 anni di Ssn, «sono troppo stanco e deluso da un sistema pubblico a cui tutto quello che sono, che ho fatto, che ho dato non interessa affatto». Un sistema dove «uno vale uno. La verità è questa, ci ho messo tanto, ma finalmente l’ho capita e non ci sto più. Lascio», annuncia Zappa, 63 anni compiuti a Natale, sfogando tutta la sua amarezza in un’intervista all’Adnkronos.

 

 

«Non smetterò di lavorare, di essere un chirurgo, di esercitare il mestiere più bello del mondo - precisa - ma offrirò nuovi progetti ai miei sogni e ai miei pazienti». Nato a Milano ma brianzolo doc, benemerito del Comune di Limbiate (Ape d’Oro 2023), Zappa ha un curriculum lungo 90 pagine. Già al vertice della Sicob, la Società italiana di chirurgia dell’obesità di cui ora è past president, ha all’attivo 5mila interventi, l’80% dei quali di altissima chirurgia in laparoscopia e il 20% in urgenza; nella chirurgia laparoscopica e bariatrica, ci sono due tecniche che portano il suo nome. Autore di 380 pubblicazioni scientifiche, ha firmato 8 capitoli di libri e partecipato a 150 congressi come presidente, moderatore o relatore. In chirurgia ha fatto scuola, con circa 20 video e 25 corsi live. Ciliegina sulla torta il grazie ricevuto da Fedez alle dimissioni dal Fatebenefratelli, il 6 ottobre scorso. A qualunque datore di lavoro basterebbe molto meno per cercare di trattenere un dipendente. Non al Ssn però, non oggi, e così uno come Zappa si rimette ’sul mercato’. «La totale indifferenza del sistema - confessa lui - la mancanza di rispetto, umano e professionale, è la cosa che fa più male».

 

 

Per andarsene il chirurgo ha fatto domanda di pensione, «avendo riscattato 11 anni. Ma se avessi voluto - puntualizza - sarei potuto restare direttore nel pubblico altri 8 anni», anche considerando che «a ottobre mi è stato rinnovato l’incarico». Di fatto, dunque, la sua è una dimissione. Un addio che arriva dopo «29 anni al Policlinico di Milano, 9 anni all’ospedale Sacra Famiglia Fatebenefratelli di Erba» nel Comasco «e 5 anni e mezzo qui al Fbf-Sacco». Dai tempi della specializzazione fino al primariato o alla direzione di dipartimento, «ho sempre lavorato nel pubblico e lottato per il pubblico», rivendica Zappa. «Ci ho sempre creduto - dice - Dove sono arrivato ho sempre cercato di portare progetti, persone e competenze. Credo però che non sia importato niente a nessuno e non lo accetto più». Da «grande milanista» qual è, il ’camice verde’ si spiega con una metafora calcistica: «Se fossi l’allenatore e avessi Van Basten in squadra, lo metterei al centro del progetto, non lo terrei in panchina con le scarpe da ginnastica. E nemmeno lo farei entrare in campo al 95esimo quando perdiamo 4 a 0, altrimenti poi lui cambia squadra e va al Real Madrid». A chi gli chiede qual è il ricordo più bello che terrà con sé, il chirurgo risponde «gli abbracci e i pianti di questi ultimi giorni. Insieme ai visi di tutti quelli che ho operato per un cancro e che mi hanno scritto messaggi di stima professionale, ma soprattutto umana».

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