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Omnibus, “indagine a vuoto”. Senaldi tira fuori la contraddizione sul caso Santanchè

Francesco Forgione
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Cosa non torna nel “Caso Santanchè”? Lo spiega il direttore di “Libero” Pietro Senaldi che, ospite nel talk show di LA7 “Omnibus”, fa chiarezza sulle storture della vicenda. La ministra del Turismo Daniela Santanchè è accusata di bancarotta fraudolenta connessa a presunte irregolarità commesse da alcune società a lei collegate durante la pandemia di Covid-19. In particolare, secondo l’accusa, l’azienda di cui Santanchè è azionista avrebbe accumulato debiti per 8 milioni di euro. Per far fronte ai debiti e alle difficoltà di bilancio della società è stata dunque creata una nuova azienda ma nei vari passaggi tra una società e l’altra ci sono stati licenziamenti e sarebbero state commesse irregolarità nei confronti dei dipendenti, tra cui il mancato pagamento del trattamento di fine rapporto. La Ministra del Turismo, si difende affermando che ai tempi della vicenda, non avrebbe già avuto da tempo alcun ruolo nell’azienda. 

 

 

Senaldi sulla vicenda dice che “C’è un’inchiesta per bancarotta fraudolenta ma manca la società fallita, è come un’inchiesta di omicidio senza il morto. Sono 8 mesi che si indaga a vuoto”. Prosegue così: “Hanno indagato 6 mesi e poi hanno richiesto una proroga. La legge dice che in caso di proroga deve essere informato l’indagato, ma questo non è avvenuto”. Il condirettore di Libero contesta al magistrato di “non aver tenuto conto della legge” una cosa per lui molto grave. “Se il magistrato suppone un reato ma manca il fatto, non è una bella cosa”. A questo punto afferma: “In questa vicenda c’è un solo reato ed è stato commesso da un pubblico ufficiale”. “Qualcuno ha passato ai giornali l’informazione di garanzia, è un reato” tuona Pietro Senaldi. Infine conclude il suo intervento in questa maniera: “Se chi deve garantire l’applicazione e il rispetto della legge è il primo a violarla, capiamo che c’è un problema perché stiamo parlando di professionisti seri”.

 

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