Il senso religioso (e pure laico, dunque occidentale) di questo Natale
Per i cristiani, il Natale segna l'arrivo di un Bambino speciale, l'unico Figlio di Dio. Forse, però, non sono pochi tra gli stessi credenti (c’è da temere: anche qualche alto prelato) ad averlo dimenticato.
Prima della rivoluzione cristiana, tutto era diverso. Per la filosofia greca (pensate a Platone) c'era una superiorità schiacciante del mondo ideale rispetto a quello reale.
Gli uomini? Dei poveri esseri rinchiusi in una caverna e persi dietro le ombre proiettate sulla parete, senza poter accedere alla realtà vera.
Nella concezione romana, poi, lo status era tutto, e le classi un fondamento sociale imprescindibile.
Ecco, l'improvviso irrompere di una filosofia - il cristianesimo- che presume l'incarnarsi umanissimo del Figlio di Dio, è un colossale riscatto della condizione umana. Figurarsi: l'unico Figlio di Dio che condivide la carne, le ossa, il sangue dei poveracci rinchiusi nella caverna platonica.
Sta qui, anche per i laici, il senso profondo del Natale. Vorrei dire di un Natale insieme religioso e umanistico. E (sia consentito scriverlo) anche di un Natale occidentale. Il terrore islamista si diffonde. Troppi rispondono con la paura, arretrando, rinunciando a pezzi e connotati della civiltà occidentale.
La nostra cultura nasce dal dialogo tra Atene, Roma, Gerusalemme, e in epoca meno lontana Londra e Washington. In una cavalcata di secoli, è quello il perimetro che ci ha formato.
Guai se, in nome del politicamente corretto o di un multi culturalismo fallimentare, dimentichiamo ciò che ha reso il nostro Occidente un mondo libero.
C'è da lavorare per far conoscere questi nostri valori a chi potrebbe sceglierli. Non per portare qui oscurantismi e integralismi. Buon Natale a noi.
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