
Pride, la prova che Orban è uno di noi

Noi democratici autentici, nel senso che ci piace il sistema elettivo anche quando vince il nostro avversario, a differenza dei signori ritratti in questa copertina, per i quali la Costituzione funziona solo se comandano loro, dobbiamo ringraziare Pd e dintorni (la fuggitiva Salis compresa benché sia più presente su Amazon che in Ungheria) perché la sortita nella meravigliosa Budapest, una delle capitali dell’Unione europea, ha dimostrato che Orban è molto più simile a Prodi di quanto sia simile all’ultimo amico della sinistra: l’ayatollah Khamenei.
Serviva Orban per ricompattare il campo largo. Calenda e Schlein rubano la scena a Sala
Anche ai tempi di Romano premier i gay si lamentavano dell’Italia e al Pride, quando poteva chiamarsi così, sfilavano denunciando che l’idea di Rosy Bindi di far sposare due omosessuali via raccomandata era una «cagata pazzesca». Detto quindi che da liberale auspico più diritti a ogni individuo su questa Terra, Bezos compreso, visto che mi pare che per questi signori non avrebbe nemmeno il diritto di sposarsi a Venezia, attendo Pride a Teheran e scuse formali a Israele per gli insulti rivolti al carro dei gay dalla sinistra italiana.
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