Il senso di Giorgia Meloni per le urne
Mi ha colpito un passaggio di Giorgia Meloni ieri. Quando ha detto che il suo governo durerà fino a fine legislatura. La gran parte dei commentatori, abituati a vivere nell’Italietta in cui siamo, l’ha interpretato, come dantescamente si dice, con la lectio facilior: starò a Palazzo Chigi cinque anni. Concetto estraneo a un leader e soprattutto a un leader scaramantico. Visto che nella cosiddetta Seconda repubblica nessuno è stato eletto due volte consecutive. Ecco perché credo che la Meloni intendesse dire un’altra cosa, la lectio difficilior.
La premier ha spiegato che il suo governo di natura politica ha ripristinato una regola democratica che in questo Paese era stata dimenticata per ragioni di comodo della sinistra: se il governo finisce, finisce anche la legislatura. E il presidente Mattarella dovrà mandare il Paese alle urne. Perché senza Meloni oggi nessun governo è possibile. E rispetto ai vari Monti, Gentiloni, Conte uno e due, Draghi è già di per sè una bella conquista. Il vero senso di Giorgia per le urne.
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