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Repubblica e la gogna su Paolo Signorelli. Perché noi difendiamo un giornalista libero

Giuseppe China
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Prendere la mira e colpire il malcapitato di turno che non viene attaccato per incompetenza o disonestà, ma semplicemente perché parente di uno storico esponente della destra italiana. Il metodo Repubblica colpisce ancora, e stavolta nel tritacarne a tinte rosse finisce Paolo Signorelli jr, nipote dell’omonimo rappresentante di Ordine nuovo e Msi, «reo» di essere stato assunto in qualità di portavoce dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Dunque un giovane professionista di 35 anni (sposato con tre figli), con un passato tra carta stampata, agenzie e radio, a giudizio insindacabile dei colleghi di Largo Fochetti deve essere stroncato. Il suo curriculum vitae non conta, pura carta straccia. Le esperienze nel comitato elettorale dell’ex candidato sindaco di Roma Enrico Michetti e il ruolo di portavoce del capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Tommaso Foti, cancellate con il bianchetto. L’unico aspetto messo in luce è la parentela. Concetto esplicato nel titolo dell’articolo: «Lollobrigida assume come portavoce il nipote dell’ideologo del terrorismo nero».

 

 

Per essere ancora più chiari Signorelli jr è distante anni luce dalle idee portate avanti da suo nonno, condannato in via definitiva per associazione sovversiva e banda armata. Un ragazzo che senza dubbio non ha intenzione di dar vita ad associazioni con l’obiettivo di ricostruire il partito fascista. Eppure è il ragionamento di Repubblica ha un nonno ingombrante. Dunque ecco il solo titolo valido per tentare di estrometterlo dal suo incarico. E le sue capacità? Un’obiezione da liberali. Perché perdere del tempo per valutare se è in grado di portare avanti il compito assegnatogli? Inutile discuterne dato che con ogni probabilità lo scopo di Repubblica è colpire col primo pretesto utile il ministro Francesco Lollobrigida. C’è un altro dato che emerge da questa vicenda. Dalle parti del quotidiano romano sembrano aver dimenticato dei numerosi figli e nipoti di, assunti nelle fila dei partiti di sinistra. Insomma la memoria corta fa brutti scherzi. Ma c’è di peggio.

 

 

Basta tornare indietro al novembre 2015, quando l’ex leader di Lotta Continua Adriano Sofri lascia Repubblica dopo un rapporto di collaborazione durato quasi vent’anni. «Essendo la mia lunga collaborazione a Repubblica un riflesso della mia personale amicizia per Ezio Mauro, naturalmente finirà con la sua direzione», scrive lo stesso Sofri. Il non detto è l’arrivo alla direzione di Mauro Calabresi, figlio del commissario Luigi, ucciso in un attentato il 17 maggio 1972. Per quel delitto Adriano Sofri, che si è sempre dichiarato innocente, è stato condannato in via definitiva a 22 anni di carcere con l’accusa di essere il mandante. In questo caso la condanna non ha impedito a Sofri di scrivere su Repubblica. Invece una parentela dovrebbe costare il posto al portavoce Signorelli jr. Sulla vicenda è intervenuto il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia Tommaso Foti che non nasconde la sua indignazione: «Nel vano, patetico, quotidiano tentativo di insolentire il ministro Lollobrigida con puerili argomentazioni, Repubblica tocca il fondo con un articolo, degno prodotto di un giornalismo malato, che colpisce un qualificato professionista». Solidarietà a Paolo Signorelli giunge anche dal gruppo di Fratelli d’Italia a Palazzo Madama. «È entrato anche lui nel gruppo – scrive su X il presidente dei senatori di FdI, Lucio Malan – purtroppo ampio, delle vittime della macchina del fango che certi giornali sinistri allestiscono, e che pur di attaccare Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni non risparmia niente e nessuno».

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