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Paragone e la riforma della Giustizia: “La vera innovazione è rimettere l'immunità parlamentare”

Gianluigi Paragone
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La mia è una provocazione ma consiglio governanti e parlamentari a rifletterci seriamente: nessuna riforma della giustizia e nessun «confronto» alla pari potrà essere fatto con i magistrati fintanto che i parlamentari resteranno scoperti dalla piena immunità. Certo, non c’è niente di più impopolare che ripristinare quello scudo levato come scalpo salvifico dalle malefatte di Tangentopoli in omaggio alle inchieste di Mani Pulite. Ed è molto impopolare soprattutto se si commettono leggerezze come quella di Lollobrigida, al quale rinfacceranno sempre la sosta «a chiamata» facendo credere che davvero i politici e i ministri siano i Potenti. È da tempo che la politica gioca sui campi periferici, i centrali sono appannaggio di ben altri manovratori, sempre più forti; però la gente non lo ha percepito e va bene a tutti sguazzare nell’equivoco. Pertanto l’idea di tornare a parlare di immunità parlamentare esporrebbe il proponente ad una spettacolare lapidazione. Allora la avanzo io, io che vengo etichettato come demagogico e populista ci metto la faccia e dico la cosa più impopolare del mondo: cari parlamentari, se volete scrivere una riforma della giustizia vera, mettetevi il giubbotto antiproiettile ripristinate la più piena immunità parlamentare altrimenti rivince il potere più intoccabile che ci sia, il partito dei giudici.

 

 

Confesso che l’idea di ridare l’immunità mi scoccia alquanto perché considero questa classe dirigente non all’altezza di ciò che la Costituzione prevedeva, però qui si tratta di giocarsela alla pari con le toghe (la cui qualità è pari alla classe politica), le quali in qualsiasi momento possono decidere di far cadere la controparte, ipotizzando e strutturando accuse (anche le peggiori tipo l’appartenenza a organizzazioni malavitose) che poi si afflosciano entro l’ultimo grado di giudizio, talvolta anche prima. Però intanto il collaudato circo mediatico-giudiziario ha svolto perfettamente il compito di demolizione. L’immunità più piena vale tanto quanto l’immunità di cui godono i giudici, i quali ad oggi dispongono di un potere di vita e di morte in senso largo.

 

 

Le cronache sono piene di casi dove i teoremi delle procure si smontano alla prova dei fatti; intanto però la persona coinvolta magari va agli arresti così capisce le nuove regole del gioco (incensurati buttati, dopo l’isolamento, in mezzo a delinquenti habitué); poi si fa una bella dose di «trattamenti mediatici» (cosa c’è di più efficace della spettacolarizzazione delle intercettazioni, ben cucite per mostrare l’arroganza del potente di turno). Nel mezzo del trattamento ci sono poi le spese legali, sempre più care se si vuole far emergere la propria innocenza. Ovviamente vita e carriera sputtanate vita natural durante, perché tanto rimarrai con il marchio. E senza soldi. Poi, l’assoluzione con tante scuse e magari il risarcimento da parte dello Stato. Di contro i giudici non pagano. E tirano dritto, continuando un crescente disservizio imbarazzante. Se dunque la sfida è tra due ecosistemi allora almeno che la sfida sia pari: è per gli italiani per bene che la giustizia deve tornare a funzionare in tempi degni e soprattutto con equità. La malagiustizia non può diventare un inciampo frequente.

 

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