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G8 Genova, strabismo di sinistra e storia raccontata a metà

Cicisbeo
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L’estate televisiva è il regno delle repliche, e domenica sera mi è capitato di vedere quella di «Le ragazze», un programma ben fatto che racconta in modo originale storie di donne, tra cui spiccava quella di un’insegnante fiorentina che visse in prima persona le drammatiche giornate del G8 di Genova. Un’esperienza traumatica, la sua, perché la sua volontà di manifestare pacificamente nella piazza tematica dei Cobas fu travolta prima dall’arrivo dei black-bloc, «presenze esterne vestite di nero che distrussero tutto», e poi dalle cariche della polizia che, stando a lei, si scagliarono solo contro ragazzi inermi lasciando invece fuggire i guerriglieri: «Perché non li fermavano?» – si è chiesta, facendo capire che le televisioni poi mettevano in onda immagini selezionate per dimostrare che tutti i manifestanti erano violenti. Un racconto choc, il suo: fatta stendere a terra e manganellata, in una sorta di «videogioco in cui i diritti costituzionali erano stati sospesi: non eravamo cittadini ma carne da macello». Infine, il ricordo commosso di Carlo Giuliani, che «sarebbe rimasto giovane per sempre, giaceva sull’asfalto in una pozza di sangue. Avevano ammazzato un ragazzo di vent’anni. E ancora non si sapeva di Bolzaneto, delle torture...».

Da questa testimonianza, insomma, è di nuovo uscita la ricostruzione a senso unico che capovolge le responsabilità tra l’estremismo no global che devastò il centro di Genova e i tutori dell’ordine impegnati a fronteggiare un attacco pianificato da mesi. Come se non si potessero fare distinzioni tra carabinieri e poliziotti che fecero in pieno il loro dovere in giornate così campali e i loro colleghi protagonisti di inqualificabili violenze.

Così come è sconcertante la glorificazione fatta dall’insegnante della figura di Carlo Giuliani, descritto come vittima innocente e simbolo della meglio gioventù, un ragazzo che merita l’umana pietà, ma che si rese responsabile di un attacco proditorio a un carabiniere, giovane come lui, che rischiava il linciaggio dentro una camionetta. Un altro ragazzo, ma in divisa, messo per anni alla gogna come un killer spietato, ma a cui tutte le corti di giustizia avrebbero poi riconosciuto di aver sparato solo per legittima difesa. Il G8 di Genova fu una pagina tragica della nostra storia culminata nell’inqualificabile vergogna dei pestaggi e delle torture nella caserma Bolzaneto a cui sono seguiti processi e giuste condanne. Ma questo non giustifica certo i manifestanti di allora, guidati dalle avanguardie dei Centri sociali, dei black-blok e degli antagonisti convenuti da mezza Europa per contestare il vertice dei Grandi e che devastarono la città. Si trattò di una vera e propria insurrezione che fece improvvisamente ripiombare il Paese nel clima torbido della violenza politica. La cronaca di quei giorni andrebbe dunque raccontata per intero, non con lo strabismo consueto della sinistra ideologica, e di questo dovrebbe essere consapevoli anche chi si trovò involontariamente in mezzo alla guerriglia.

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