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Ultima generazione, che noia questi ribelli replicanti

Gianluigi Paragone
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Un’altra manifestazione dei ragazzotti di «Ultima Generazione», quelli che in nome della rivoluzione ecosostenibile provocano lunghe code bloccando le strade e costringendo tra mille imprecazioni gli automobilisti a guardare la sceneggiata. Ieri la protesta è stata inscenata in pieno centro, in via del Tritone dove - udite udite - l’«Ultima Generazione» si è messa con le tette al vento. Chissà perché mentre leggevo l’inutile notizia, mi è venuta in mente una strofa di Eskimo di Guccini, e me la sono canticchiata «Bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà; tu giri adesso con le tette al vento, io ci giravo già vent’anni fa».

Questi ragazzi mi fanno tenerezza per la loro incapacità di essere qualcuno, di essere originali nella protesta. La loro rivolta, la loro ribellione si affloscia nel momento va in scena perché è vecchia, è già vista: pensano davvero di stupire, di meravigliare, di provocare sedendosi sull’asfalto o denudandosi? Per piacere... Il linguaggio ribelle di «Ultima Generazione» è degno di una generazione di ripetenti, di stanchi replicanti cui manca una linfa autentica. Non si può essere ribelli senza idee, non si può essere provocatori senza mettere a fuoco cosa la potenza del messaggio provocatorio, quale ne sia la portata culturale.

 

Costituire una frontiera, una avanguardia, senza avere la forza esplosiva di un messaggio nuovo - anche provocatorio significa appunto essere replicanti. Bloccare le autostrade fa incazzare e basta. E dopo che la gente perde la pazienza non resta nulla di un messaggio che pur meriterebbe la levata di scudi. La salvaguardia dell’ecosistema è un grande messaggio, ma mio nonno quando mi raccontava che i boschi italiani hanno una varietà di specie unica in Europa - lo faceva meglio di questi ragazzotti ribelli un tanto al chilo. Volete un gesto provocatorio? Una raccolta firme per ripristinare il Corpo Forestale dello Stato. Quello, per esempio, è un grande colpo che spiazza, perché significa mettersi contro la narrazione dominante dell’Italia sprecona. Un gesto di ribellione è difendere le Comunità montane e i piccoli Comuni dove si taglia sulla sanità pubblica, sulla scuola pubblica, sul trasporto pubblico: perché un bambino si deve alzare alle sei per prendere i pochi bus che passano dai paesi di montagna? L’ecosistema dei nostri boschi è sano ed è gratuito. Chissà se i nostri ribelli ripetenti hanno mai fatto una passeggiata nei nostri boschi e se conoscono almeno cinque specie di piante autoctone. 

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