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Non serve autorizzazione per i dehors: il diritto nell'emergenza

Claudio Vinci
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Si è deciso di dare inizio a questa rubrica, su temi di diritto amministrativo con un argomento di estrema attualità ed interesse, sui cui di recente è intervenuta un’importante sentenza del Consiglio di Stato (Cds sez.II n. 1483 del 13 Febbraio 2023). Il quesito, da cui prende il titolo il presente articolo, è quello relativo alla possibilità che i c.d. dehors rientrino nella nozione di attività edilizia libera e non necessitino di titolo edilizio.

Preliminarmente occorre tentare di dare ai dehors una definizione, che mancando nella normativa nazionale si rinviene in qualche regolamento edilizio comunale. Nel gergo di uso comune le strutture a corredo di attività commerciali vengono denominate con l’espressione di derivazione francese dehors (letteralmente, che sta fuori), finisce per individuare quei manufatti di varia tipologia che vanno ad ampliare le superfici di somministrazione di alimenti e bevande di bar, ristoranti e simili. I dehors, che assumono una consistenza che varia dalla semplice tenda, o ombrellone a falde, al box munito di infissi chiusi tipo veranda, possono essere installati liberamente ove rispondano alle caratteristiche di cui all’art. 6, comma 1, lett. e-bis), del d.P.R. n. 380 del 2001.

La disposizione si riferisce a «opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all’amministrazione comunale». Dalla lettura della norma, come interpretata dalla sentenza, emergono due elementi connotanti i dehors: - uno funzionale, consistente nella finalizzazione alle esigenze dell’attività, che devono tuttavia essere «contingenti e temporanee», intendendosi per tali quelle che, in senso obiettivo, assumono un carattere ontologicamente temporaneo, quanto alla loro durata, e contingente, quanto alla ragione che ne determina la realizzazione, e che in ogni caso non superano comunque i centottanta giorni; - l’altro strutturale, ovvero la realizzazione con materiali e modalità tali da consentirne la rapida rimozione una volta venuta meno l’esigenza funzionale (e quindi nel termine di centottanta giorni dal giorno di avvio dell’istallazione).

In definitiva, come sottolineato dalla giurisprudenza, oltre al fattore tempo, si dà rilievo all’aspetto strutturale dell’opera nella sua composizione materiale (ovvero unitamente allo stesso) a quello funzionale, che impone di valutare se il manufatto, pur costruito con impiego di materiali leggeri e non fissato al suolo, sia o meno destinato ad un utilizzo temporaneo e per esigenze contingenti. Il venir meno di tale precarietà travalica nell’abuso edilizio dell’avvenuta realizzazione di una nuova costruzione sine titulo. In conclusione si può affermare senz’altro che al ricorrere dei requisiti sopra esposti i dehors possano rientrare nell’attività edilizia libera.

Si evidenzia, per completezza, che chi ha realizzato un dehors nel periodo dell’emergenza Covid-19 (ad oggi normativa prorogata sino al 30 Giugno 2023) può mantenerlo secondo i requisiti previsti da tale normativa, che non prevedono il limite temporale dei 180 giorni e non necessitano di autorizzazione delle Soprintendenze.

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