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I conservatori Usa si fidano del governo di Giorgia Meloni

Nuccio Bovalino
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I conservatori americani si fidano del governo di Giorgia Meloni e considerano l’Italia un alleato prezioso in Europa. È questo il messaggio lanciato da James Carafano, vicepresidente dell’Heritage Foundation, principale think tank del mondo conservative Usa.

Carafano ha elogiato la solidità dell'esecutivo Meloni, la sua ferma posizione contro la guerra d'aggressione russa all'Ucraina, la convinta visione atlantista e la volontà di assumere un ruolo da protagonista nei Balcani e nel Mediterraneo. Un’agenda ambiziosa, quest’ultima, che potrebbe trovare importanti convergenze con la necessità degli Stati Uniti di contrastare le politiche di soft power attuate dalla Cina in Africa.

La Heritage Foundation, la più importante Fondazione dei conservatori americani fin dai tempi di Reagan, dedica queste attenzioni a Meloni perché il prossimo Parlamento europeo potrebbe vedere la nascita di un’alleanza fra i Conservatori da lei guidati e il Ppe. Non possono essere sottovalutate alcune contraddizioni evidenziate dai socialisti europei su Putin e sui rapporti con la Cina, posizioni che certamente pesano nelle valutazioni statunitensi.

Meloni e gli Usa si «studiano» ormai da mesi. Già la rivista Forbes l’aveva inserita al settimo posto nella classifica delle cento donne più potenti del mondo, sottolineando che «il suo successo rappresenta una conquista per la leadership femminile» e rimarcando che «è l’unica donna alla guida di un Paese del G20».

Anche il recente sondaggio del Morning Consulting l’aveva incoronata come primo fra i leader in Europa per consenso e tra i più apprezzati capi di governo del mondo. Biden non ha avuto esitazioni nel relazionarsi con Meloni, confermando gli storici rapporti che legano Roma a Washington. La questione ambientale, la pandemia, le sfide dell’intelligenza artificiale, la crisi energetica e il ritorno della guerra in Europa richiedono pragmatismo e alleanze solide. È l’inizio di un’altra Storia globale che pretende un Occidente unito in nome della libertà. Il filosofo Carl Schmitt, nel suo «Terra e Mare», rilesse la storia del mondo analizzando le diverse fasi del potere in relazione al mutare dello spazio del conflitto: la terra è il primo luogo che ha ospitato lo scontro fra le potenze, la scoperta del Nuovo Mondo trasla i conflitti nelle acque degli oceani. Irrompe, infine, la fase del conflitto caratterizzato dall’elemento del fuoco: le grandi guerre combattute con le esplosioni e i bombardamenti aerei. È giunto il momento del conflitto nello spazio dell’aria: dal virus che abita l’atmosfera ai dati intangibili della Rete che viaggiano nell’etere. Infine il gas, l’impalpabile elemento naturale divenuto prezioso dopo la guerra in Ucraina e causa di una riconfigurazione della geopolitica energetica. L’Occidente ha saputo reagire a tali crisi, ma deve mostrarsi unito per scoraggiare i suoi redivivi nemici.

L’America è certa di poter contare sul Governo Meloni, ancorato alla Nato e sordo alle «sirene» autocratiche cinesi o russe. Ma per rafforzare il ruolo dell'Italia sullo scenario globale il Governo dovrebbe poter contare su una opposizione che, al di là delle naturali contrapposizioni, sia disponibile a far fronte comune con la maggioranza sulle macro questioni globali. Riuscirci vorrebbe dire per entrambe rispettare il mandato degli elettori, che chiedono all'unisono la difesa degli interessi nazionali italiani in ogni scenario. Dal Mediterraneo al Medio Oriente, dalla Libia ai Balcani.

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