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Vogliono la pace a favore della Russia ma tacciono sulle stragi in Iran

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Riccardo Mazzoni
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C'è una palese e inquietante asimmetria tra la mobilitazione trasversale di un gruppo di intellettuali italiani per fermare la guerra in Ucraina attraverso «un negoziato credibile» e il silenzio sulla durissima repressione messa in atto in Iran da parte di un regime che sta peraltro rifornendo la Russia dei micidiali droni kamikaze principali artefici delle nuove stragi di civili nelle città ucraine. Ma questo doppiopesismo ha in realtà una coerenza e una logica, ancorché aberrante, perché nella mente di questi pensatori il pericolo per l'umanità non è rappresentato dai regimi illiberali e teocratici, ma da chi vi si oppone, in primis il popolo ucraino la cui ostinata resistenza all'invasore viene di fatto giudicata come il vero elemento di destabilizzazione degli equilibri mondiali.

L'assunto è tanto assurdo quanto banale: se un autocrate in possesso dell'arma nucleare decide di invadere un Paese vicino, nonostante si macchi di crimini di guerra sempre più atroci, l'Occidente avrebbe il dovere, in nome della Realpolitik e dell'ascolto dei moniti del Pontefice, di offrirgli un negoziato in cui gli si concede di tenersi quasi tutti i territori illegittimamente occupati senza pretendere in cambio neppure il risarcimento dei danni inflitti a un Paese sovrano. E non basta: anche su quelli non ancora conquistati ma ritenuti comunque contendibili dal Cremlino, Putin avrebbe diritto a una condivisione delle risorse.

Dietro a questo appello firmato da cattolici e laici di destra e di sinistra, tutti rigorosamente contrari alla linea della fermezza finora mantenuta dal governo italiano, c'è una lettura strabica degli eventi che hanno portato alla guerra, con il tentativo surrettizio di ribaltare le responsabilità sull'Occidente e sulla Nato che si è spinta troppo a Est, cancellando col bianchetto della storia la volontà neoimperialista di Mosca.

Per cui, su queste basi, il «negoziato credibile» diventa una sorta di resa senza condizioni. Oltre alla sciagurata equazione secondo cui avere l'atomica conferirebbe il diritto di violare senza conseguenze il diritto internazionale, alimentando così la corsa alla proliferazione nucleare degli Stati canaglia, tra tutti i punti elencati dagli intellettuali che hanno firmato questo manifesto per la pace, quello più astruso e storicamente infondato è la presunta «illegalità» della cessione della Crimea voluta da Kruscev nel 1954. Ergo: siccome l'Ucraina avrebbe detenuto illegalmente la Crimea per qualche decennio, comunque finisca la guerra, Kiev non potrebbe mai più rivendicare quella regione cruciale.

Ma una pace basata sulle falsificazioni storiche e sulle concessioni a senso unico all'invasore sarebbe soltanto l'anteprima di nuove conquiste, come ha plasticamente dimostrato l'annessione senza colpo ferire proprio dell'Ucraina, che avrebbe dovuto placare le mire espansionistiche dello zar. Non sorprende, poi, che i pasdaran del pacifismo ad oltranza omettano di occuparsi dell'Iran, che oltre ad inasprire la repressione interna sta offrendo un robusto aiuto militare alla Russia in aperta violazione delle sanzioni internazionali. Contro questo destabilizzante asse del male, che ha indotto anche Israele a rivedere la sua posizione neutrale, non si compilano manifesti né si mobilitano le piazze.

Eppure il pugno duro degli ayatollah sta raggiungendo livelli mai visti: le milizie di Khamenei ormai sparano anche sugli adolescenti, e a Mashhad hanno ucciso con 24 colpi di fucile Abolfazl, un ragazzo di sedici anni che manifestava per la libertà, mentre la scalatrice che ha gareggiato senza velo a Seul, nonostante si sia giustificata parlando di un incidente «non intenzionale», è destinata ad essere rinchiusa nella prigione di Evin. La rivolta delle donne iraniane contro lo jihab e la resistenza del popolo ucraino sarebbero i simboli ideali dello scontro in atto tra democrazie e autoritarismi, ma certa nomenklatura intellettuale si preoccupa solo di salvaguardare gli interessi di Putin. In nome della pace, ovviamente. 

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