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Sfrattata la cooperativa morosa, rifugiati in mezzo alla strada

«Da quando siamo qui non abbiamo mai dato fastidio a nessuno. In completa autonomia risiedevamo qui sostenendoci a vicenda e senza alcun aiuto se non da alcune persone della zona. Non vogliamo dividerci, ormai siamo diventati una piccola comunità e questo sgombero improvviso ci ha sorpreso e gettato nel panico. Non avendo più una residenza come faremo ora a rinnovare il nostro permesso di soggiorno? Provvedevamo a tutto da soli, comprando e cucinando il nostro cibo senza pesare su nessuno». A parlare con toni disperati ma calmi è uno dei rappresentanti della comunità di rifugiati creatasi all'interno del centro d'accoglienza di via Scorticabove, 151 nella zona di San Basilio. Alle prime luci dell'alba di giovedì scorso infatti si è dato il via allo sgombero. Il motivo è da legarsi alla morosità maturata dalla cooperativa «Casa della solidarietà» come scritto e confermato nel verbale dell'ufficiale giudiziario presentato agli occupanti. Un fulmine a ciel sereno per queste centoventi persone presenti nella struttura che, in attesa di conoscere il loro destino, stazionano in strada con le loro borse e pochi averi al seguito, in una sorta di interminabile «limbo». La sala operativa sociale ha immediatamente formulato proposte di accoglienza, effettuando colloqui individuali nel corso di tutta la giornata, garantendo supporto e informazioni. L'amministrazione fa sapere che «sta mettendo in campo tutti gli strumenti che rientrano nel perimetro delle sue competenze. Allo stato attuale, molte persone chiedono chiarimenti sulle strutture di accoglienza proposte, rimanendo sulla posizione di diniego all'inserimento nel circuito di accoglienza». Un'azione senza senso come ci spiega Francesca Zaccari, una dei membri del nodo territoriale tiburtino e di Potere al Popolo del IV Municipio: «Siamo qui in solidarietà della comunità sudanese e del Darfur che hanno vissuto civilmente in questo stabile da 15 anni. I primi dieci anni il centro era gestito da una cooperativa che poi è stata implicata come molte altre in Mafia Capitale, e quindi poi si è ritirata dal gestire questo servizio. Nonostante questo negli ultimi 5 anni - in cui erano rimasti ad autogestirsi. Questi ragazzi oltre ad essersi integrati al 100% sul territorio provvedevano benissimo a se stessi senza pesare nemmeno sull'amministrazione capitolina e facendo anche dei lavori di manutenzione. Oltre ad accogliere altri aventi diritto senza un tetto sulla testa – prosegue Francesca Zaccari - C'è stato un incontro con l'assessore alle politiche sociali Laura Baldassare, confermandoci che queste persone non possono più rimanere in questo spazio e che al momento non c'è un'altra struttura disponibile dove metterli tutti insieme. Siamo a conoscenza di almeno altri 50 edifici liberi che potevano essere una valida soluzione, ma come sembra senza alcuna manutenzione ora sono ridotti in spazi invivibili. L'alternativa che gli è stata offerta ora è quella di essere smistati - e quindi divisi e allontanati - in vari centri d'accoglienza. È un vero passo indietro per loro. Regredire all'assistenzialismo iniziale di quando sono arrivati mentre ora vivevano già in completa autonomia e legalità».

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