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"La mia carbonara? Il segreto è nelle uova"

Paolo Zappitelli
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«Sfatiamo subito un luogo comune: le uova non sono tutte uguali, dipende sempre da come sono allevate le galline e da cosa mangiano. Anzi, anche se vengono dallo stesso allevamento, sono tutte diverse. E quando le cucini si vede». Parola di Barbara Agosti la chef che ha «inventato» Eggs a Roma, a Trastevere (via Natale del Grande 52), un ristorante dove le uova, ovviamente, la fanno da padrone. «Siamo partiti da un locale, Zoom, dove facevamo il tiramisù - racconta - Ma io non sono una pasticcera. Così, insieme ai soci di Puntarella Rossa, abbiamo pensato a un ristorante dove puntare tutto su quel prodotto. Perché era un format che mancava, non c'era un locale simile». E allora partiamo proprio dall'uovo. Come nasce questa passione? «Beh perché è un po' il dna della cucina, si trova sia come ingrediente principale sia secondario, per fare le farce, la pasta, i dolci». Con un uovo si sono cimentati più o meno tutti. Ma non tutti riescono a tirar fuori piatti come i suoi. Qual è il segreto? «La tecnica. Anche un uovo al tegamino ha una sua difficoltà perché il tuorlo deve rimanere cremoso mentre l'albume deve essere cotto. Ma conta molto anche la materia prima. Noi acquistiamo da un'azienda agricola che alleva le galline per noi. Ce ne spediscono mille ogni due giorni, a volte arriviamo a 1500. E gli animali razzolano liberi e sono seguiti da un nutrizionista». Uova insomma diverse da tutte le altre. «Sì certo. Le galline nutrite in un certo modo dànno un tuorlo con più proteine, compatto, che coagula più lentamente e quindi resta più cremoso. Se invece contiene molta acqua tende a seccarsi subito». Il piatto forte di Eggs è la carbonara. In carta ne avete 12. Piacciono tutte? «La versione classica è ovviamente quella che va di più. Ma anche le altre hanno successo. Usiamo ingredienti di stagione, i clienti a seconda del periodo possono trovare quella con le zucchine, con i carciofi, con i fiori di zucca o con la zucca, con i funghi o con il tartufo. E abbiamo anche una versione con l'anatra che sostituisce il guanciale. Ma nel menu usiamo molto anche le uova di pesce. Ad esempio facciamo una caviar tartare con una battuta di fassona e sopra caviale su un tuorlo marinato nel prosecco». Barbara Agosti come diventa cuoca? «(ride) Sono autodidatta. Da piccola guardavo sempre cucinare le mie due zie. Sono state le mie maestre. Poi ho seguito qualche corso amatoriale e quando ho deciso di fare sul serio sono andata in giro in tutta Italia a lavorare nelle cucine dei ristoranti. Dalle bettole fino a Cracco e a La Mantia. Esperienze fondamentali» Parliamo del piatto che ha portato a Masterchef, lo strapazzo, lo stecco con la carbonara dentro. Idea pazzesca, come è nato? «Pensavo a qualcosa da portare via, uno street food. Ma un supplì era abbastanza banale. Poi volevo che si sentisse la liquidità, non che diventasse una frittata di pasta. Un giorno ho visto un Magnum e mi è venuta l'idea di usare lo stecco. E con l'abbattitore riesco a conservare la cremosità che occorre». Il prossimo piatto? «Mi hanno chiesto di fare una carbonara vegana. Ci sto pensando. Ma ho imposto di chiamarla la "non carbonara"».

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