Bastianich tra Masterchef e la passione per il Barolo
Si definisce un Restaurant Man, ma è molto di più Produce vini e ama gli agnolotti del plin con tartufo
Joseph detto Joe Bastianich ci piace. Personaggio tv con la tempra da «Restaurant Man» (così recita il titolo del suo libro uscito per Rizzoli), è anche frontman e chitarrista del gruppo americano The Ramps. Non solo. Joe Bastianich è il giurato più noto di Masterchef, appena tornato dalla maratona di New York. In Italia ha aziende vinicole a Butrio, a Cividale del Friuli (Udine) e a Magliano in Toscana. Suo è anche il marchio Brandini a La Morra, in Piemonte, dove lo incontriamo per parlare di Luca Manfrè, 31 anni, friulano, vincitore di Masterchef Usa grazie a un piatto tipico: il frico. Fatto con montasio, patate e cipolla, Manfrè l'ha realizzato con il Grana Padano: lei che non è uno chef ma fa il ristoratore, lo proporrebbe come piatto di punta in un suo locale? «Sicuramente, penso potrebbe essere adatto in molti dei miei ristoranti. Sono felice abbia scelto di farlo, portando un elemento di cultura friulano al pubblico Americano. Nonostante le sue ricchezze, il Friuli e la sua cucina, sono spesso oscurate da alter realtà più conosciute come il cacio e pepe, la pizza di Napoli, etc. Sarebbe bello se gli americani iniziassero a chiedere il frico nei miei ristoranti». La cucina tradizionale è importante, quali sono i piatti del Piemonte che le piacciono? «La cucina piemontese è davvero speciale, basta pensare agli agnolotti del plin con tartufo, alla carne cruda ma anche al Barolo ovviamente, il re dei vini rossi italiani». Ma davvero si lava i denti col prosecco? «Ultimamente sono passato ai gargarismi con vecchi Sauternes». La cantina a La Morra: qual è il suo punto di forza? «La sua posizione, nel cuore delle Langhe, in una zona consacrata a grandi vitigni e il metodo di produzione biologico che abbiamo scelto». Tre cose che non sopporta quando va a mangiare fuori. «Detesto trovare menù plastificati in ristoranti di un certo livello: li trovo del tutto fuori luogo. Poi, ad essere sincero, non amo questo nuovo trend dei locali di NYC dove viene servito un unico tipo di cibo, personalmente non è quello che mi aspetto da un ristorante. La terza riguarda la carta dei vini al calice: che si stia bevendo un bicchiere o una bottiglia si dovrebbe avere una selezione di qualità, a vari livelli di prezzo, tra cui scegliere. Per me il vino ha la stessa importanza del cibo, un'offerta non attenta equivale ad un menu debole». Lei ha un passato a Wall Street: vendeva obbligazioni. Cosa l'ha spinta a cambiare rotta? «Mi è bastato lavorarci un anno per capire che la mia vera vocazione era quella di occuparmi di cibo, vino e ospitalità; di essere un Restaurant Man. Penso che inseguendo qualcosa solo per motivi economici prima o poi ci si penta; il denaro, da solo, non arricchisce l'anima e non stimola nemmeno la nostra creatività. Ci deve essere altro e la passione è fondamentale». Un Masterchef col vizio del vino, quale inusuale combinazione ha scoperto che ci invita a provare? «Le possibilità nell'abbinamento cibo – vino sono pressoché infinite. Da Babbo, uno dei miei ristoranti di NYC, proponiamo alcuni piatti, qualche primo in particolare, con vini da dessert che ne esprimono al meglio il sapore». Italiani: popolo di santi, poeti e buongustai. Il suo menu italiano cosa comprende? «Piatti semplici che esaltino grandi materie prime: spaghetti al pomodoro e Grana Padano Dop, prosciutto e ovviamente un buon calice di vino!».
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