
Pacciani, i compagni di merende e il mistero del castello: chi era davvero il Mostro di Firenze?

“Se si parte dal francobollo da 300 lire che ritraeva un castello in Sardegna e che venne utilizzato per affrancare la lettera indirizzata al pubblico ministero Silvia Della Monica, bisognerebbe ripartire proprio dalla pista sarda. E poi, andrebbe approfondita meglio la figura di Pietro Pacciani”. È questo, in sintesi, il pensiero del criminologo Armando Palmegiani, intervenuto durante una puntata del programma Incidente Probatorio, condotto da Gabriele Raho su Canale 122 Fatti di Nera, per discutere del mostro di Firenze. La puntata è disponibile on demand sulla piattaforma Cusanomediaplay.it.
Una serie di duplici omicidi efferati consumati tra il 1968 e il 1985 che riguardarono coppie appartate nelle campagne fiorentine, con due “compagni di merende” condannati per quattro delitti, un terzo morto da “innocente” prima che si celebrasse il nuovo processo d'appello, l'ipotesi esoterismo sullo sfondo, l'interessamento dell'FBI e un mistero che si trascina tra dubbi e lati oscuri da oltre quarant'anni.
Chi era il mostro di Firenze? In quanti parteciparono a quella assurda scia di sangue? I compagni di merende Mario Vanni e Giancarlo Lotti, insieme a Pietro Pacciani, furono davvero gli spietati serial killer delle coppiette? Ancora oggi sono tanti gli interrogativi attorno ad uno dei casi di cronaca più discussi del dopoguerra, trascinatosi nelle aule dei tribunali fino a fine anni '90 e ancora oggi oggetto di indagini e approfondimenti.
Il criminologo Palmegiani, però, riparte dalla nota lettera (con tanto di errore di ortografia) inviata al pubblico ministero di Firenze in contemporanea con il ritrovamento degli ultimi due cadaveri: all'interno, anche un pezzettino di pelle del seno della donna uccisa. In quella occasione, dopo una lunga scia di delitti, il mostro fece un passo in avanti per farsi scoprire. “Il duplice omicidio avvenne di venerdì o sabato, la lettera arrivò il lunedì mattina – ha spiegato Armando Palmegiani – nonostante fosse stata affrancata con un francobollo da 300 lire che ritraeva un castello della Sardegna anziché con uno da 350 lire, costo richiesto dalle Poste per quelle spedizioni”. In questa prima anomalia potrebbe trovarsi una traccia ben precisa dell'assassino, che potrebbe spingere nuovamente verso la pista sarda e verso Francesco Vinci. L'uomo era stato arrestato nel 1982 come killer delle coppiette, ma un successivo omicidio l'aveva scagionato. Il suo corpo venne trovato incaprettato e carbonizzato nel 1993 all'interno di un'auto insieme a quello di Andrea Vargiu, ma la vedova disse di averlo incontrato qualche giorno dopo il suo “ritrovamento”, tant'è che i suoi resti sono stati riesumati a settembre dello scorso anno dal cimitero di Montelupo Fiorentino su richiesta della Procura di Firenze che ha effettuato il test del DNA.
Tranne il primo delitto del 1968, per tutti gli altri omicidi dal 1974 al 1985 l'arma utilizzata (e mai ritrovata) fu sempre la stessa: una pistola Beretta calibro 22 con lo stesso tipo di proiettili, munizioni Winchester marcate con la lettera “H” sul fondello del bossolo. “Nel 1983 il mostro potrebbe aver commesso un errore – è la tesi del criminologo Palmegiani – quando furono uccisi i due ragazzi tedeschi. Forse, visto che uno dei due aveva i capelli lunghi, furono scambiati per una coppietta appartata a bordo di un furgone Volkswagen. In questo caso, ci fu meno pianificazione e meno attenzione rispetto ai duplici omicidi precedenti”.
Un approfondimento, invece, secondo Palmegiani va rivolto proprio a Pietro Pacciani: condannato nei primi due gradi giudizio, dopo il passaggio in Cassazione era tornato libero e morì prima del nuovo processo d'appello. “Pietro Pacciani si era macchiato un primo brutale omicidio nel 1951, quando uccise un uomo con 21 coltellate e si sbarazzò del corpo gettandolo in un laghetto. In quel caso, fu condannata anche la fidanzata di allora, Miranda Buglia, che lui indicò come la persona che lo aveva istigato. Il primo duplice omicidio – ha sottolineato Armando Palmegiani – fu consumato a meno di un chilometro di distanza dal luogo in cui viveva Miranda Buglia, che Pacciani andava a trovare dopo la sua scarcerazione. Non abbiamo tutti gli elementi, ma l'ipotesi potrebbe essere che lui non trovandola in casa, per la rabbia possa aver ammazzato quella coppietta che era appartata in quella zona di campagna”.
Si torna alla notte di mercoledì 21 agosto 1968, all'interno di una Alfa Romeo Giulietta bianca posteggiata presso una strada sterrata vicino al cimitero di Signa, quando vennero assassinati Antonio Lo Bianco, muratore originario di Palermo di 29 anni, sposato e padre di tre figli, e Barbara Locci, casalinga di 32 anni, originaria di Villasalto, in provincia di Cagliari, entrambi residenti a Lastra a Signa. I due erano amanti. La donna era sposata con Stefano Mele, un manovale sardo emigrato in Toscana alcuni anni prima. Il figlio di Mele e Locci, appena 6 anni, fu il primo a chiedere aiuto ad alcuni residenti e probabilmente fu testimone del delitto. Proprio Stefano Mele, sospettato di aver commesso il delitto per gelosia, prima negò ogni addebito, poi accusò gli altri amanti della moglie, Salvatore Vinci e suo fratello Francesco. E c'è un dettaglio raccontato da Palmegiani: “Salvatore Vinci viveva in Sardegna e si era trasferito in Toscana dopo essere rimasto vedovo in maniera strana. La moglie morì per una misteriosa fuga di gas”.
Se i vari delitti vengono slegati, diventa complicato trovare un filo logico. “Se si crede ad una pista sarda – ha aggiunto il criminologo – si comprende anche la possibile continuità, il passaggio della stessa arma e l'esistenza di un gruppo organizzato”. Mele, i fratelli Vinci, Pacciani, Vanni e Lotti. In questa serie di ipotesi, si innesta anche quella di un possibile “secondo livello” che riguarda eventuali mandanti, esoterismo, riti satanici, e ancora ipotetici collegamenti con l'omicidio del medico Narducci di Perugia, ritrovato morto sul lago Trasimeno. Ipotesi, tesi e congetture che ancora oggi alimentano il giallo.
La puntata di “Incidente probatorio” sul caso del mostro di Firenze è disponibile on demand sulla piattaforma Cusanomediaplay.it.
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