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Partite Iva, oltre il 55% delle fatture viene saldata in ritardo

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I professionisti faticano più delle aziende a restare a galla: Una fattura su due non viene pagata

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In un periodo di crisi sociale ed economica le imprese italiane, tra chiusure forzate, limitazioni e ritardi nei pagamenti continuano a vivere una situazione di equilibrio precario al limite del fallimento. Tuttavia, c’è una categoria che, probabilmente, sta soffrendo la crisi economica in misura maggiore: le partite IVA con il triste primato di una fattura su due non pagata. A porre l’accento sulla questione è il Gruppo IREC, leader nella gestione e recupero dei crediti commerciali che ha analizzato la situazione effettuando un sondaggio su oltre 1.000 liberi professionisti.

Il dato emerso è a dir poco sconfortante; queste categorie hanno chiuso l’ultimo trimestre 2020 con una media di oltre il 55% delle fatture non pagate a scadenza. Questo vuol dire che più di una fattura su 2 non viene incassata correttamente ed il dato, purtroppo, è previsto in peggioramento.

Secondo gli ultimi dati Eurostat, in Italia sono 4,6 milioni le partite IVA. Se consideriamo che nel nostro Paese rappresentano circa il 17,5% dei cittadini di età compresa tra i 20 e i 64 anni, appare evidente come queste contribuiscano in modo considerevole al mantenimento e allo sviluppo economico nazionale, e quanto le loro difficoltà possano avere conseguenze su tutto il tessuto economico e sull’occupazione

I settori maggiormente colpiti sono la ristorazione, il turismo e il settore alberghiero, dove i ritardi nei pagamenti raggiungono addirittura il 71% delle fatture, con differenze importanti anche tra le Regioni. I ritardi più significativi si registrano in Sicilia (fatture pagate in ritardo 78%, il 31% con ritardo maggiore di 90 giorni), Sardegna (fatture pagate in ritardo 74%, il 29% con ritardo maggiore di 90 giorni) e Umbria (fatture pagate in ritardo 73%, il 26% con ritardo maggiore di 90 giorni).

“L’esercito delle partite IVA è composto da professionisti particolarmente produttivi, che generano lavoro anche per altri individui, facendo girare l’economia in modo importante. Eppure, gli aiuti statali offerti a tale categoria sono stati decisamente insufficienti”, spiega il presidente del Gruppo IREC, Victor Khaireddin.

“Molti di loro hanno spese ingenti da sostenere, costi fissi che non possono essere abbattuti, fornitori, ma anche collaboratori da pagare. Appare, dunque, evidente come il bonus di 600 € sia risultato in molti casi del tutto inadeguato e, purtroppo, anche i nuovi strumenti messi a disposizione non bastano.Inoltre, interrogando circa 100 consulenti del lavoro che gestiscono contratti di migliaia di lavoratori subordinati o di collaborazione, abbiamo constatato che l’84% di questi non si è visto rinnovare il contratto scaduto nei mesi della pandemia, obbligando un numero considerevole di persone ad attingere agli ammortizzatori sociali. Questa percentuale arriva addirittura al 92% nei tre settori maggiormente colpiti”.

 “Ovviamente la preoccupazione e la tensione degli operatori dei settori che stanno soffrendo di più continua a salire, non vedendo nelle azioni che si stanno implementando, una possibile ripartenza. A questo punto viene da chiedersi, se queste persone non hanno più un introito e gli strumenti introdotti da parte del governo non sono sufficienti, come spesso abbiamo visto fin ora, che misura di sostegno si intende attuare?”, prosegue Khaireddin.

È facile prevedere che questo esercito di partite iva attingeranno nei prossimi mesi ad ammortizzatori sociali, incidendo in maniera notevole sui non floridi conti dello Stato Ci si chiede, dunque, come ha intenzione il Governo di rientrare di tali somme. Attraverso la solita, inevitabile tassazione? A nostro avviso, trovare i fondi per il sostegno di tutta la categoria risulterà arduo e si riproporrà in tutta evidenza la vecchia storia della coperta troppo corta. Ciò non farà che generare il rischio di un conto enormemente salato che, ovviamente, prima o poi verrà presentato ai contribuenti.

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