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di Lidia Lombardi Mettete il colore alle foto (però, addio fascino del bianco nero), cambiate le facce dei personaggi (però, i sostituti di oggi sono all'altezza?) e vedrete precisi precisi gli sfondi del rito intellettual-mondano più importa

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Gliscatti, inediti, sono del «paparazzo» storico della contesa editoriale, Carlo Riccardi. Ma, appunto, la cornice è ancora la stessa. Così mercoledì prossimo, al tramonto, i 400 Amici della Domenica saliranno le scale anni Trenta del palazzo borghese pariolino di via dei Fratelli Ruspoli 2 - qualcuno salutando l'immarcescibile portiera che preparava le fettuccine all'«erede» di Maria Bellonci, Anna Maria Rimoaldi - e si ammasseranno nell'ingresso, nel corridoio stretto, nel salotto, nello studio, nella camera da letto, ora sgombrata di comodini, armadi e materassi e trasformata in ulteriore salottino. L'unico cambiamento di un'abitazione che mantiene intatti i materiali del 1951, quando i Bellonci andarono a viverci. E così le piastrelle granigliate del corridoio sfociano in quelle delle due terrazze, ai lati estremi della casa, raccordate da un lungo balcone. E quelle della cucina sono piccole e quadrate, come si usava allora. Questo appartamento dove si fa la letteratura che conta (Flaiano, Cardarelli, Pavese, Alvaro, Moravia, Bontempelli, Soldati, Comisso, Morante, Buzzati, Tomasi di Lampedusa, Cassola, La Capria, Tobino, la Ginzburg i primi premiati) non è solo l'arena casalinga degli editori, che si sfidano a colpi di schede da depositare nell'urna sistemata al centro del salotto. È anche la sede della Fondazione Bellonci, creata nel 1986 appunto dalla Rimoaldi non solo per mantenere vivo il premio sponsorizzato dal «liquoraio» di Benevento, Guido Alberti, ma per promuovere la lettura, specie tra gli studenti. Così nelle stanze di via Fratelli Ruspoli librerie di legno bianco ammassano volumi, documenti, foto, il tesoro dei Bellonci. Una biblioteca di letteratura contemporanea nazionale forte di 25 mila titoli, riconosciuta con decreto del 1993 di interesse nazionale e vincolata. Il fondo è sottoposto a catalogazione, già consultabile on line per la metà. Ma agli studiosi che vogliono sfogliare edizioni di primo '900 introvabili altrove e a chi desidera visitare la casa, la Fondazione apre volentieri la porta. Una sbornia suggestiva per chi si nutre di romanzi, questa che si può fare in casa Bellonci. Un'ubriacatura di pagine scritte da sostituire al prosecco offerto con le tartine durante la votazione della cinquina. Col via vai di giurati, critici, fotografi, editori. Da una terrazza all'altra, mentre i più anziani tra i 400 della Domenica fanno tappezzeria sulle sedie addossate ai parapetti, tra i vasi con i gelsomini e le ortensie, sotto ai due soliti ombrelloni bianchi. Guardateli, i candidati di una volta: un annoiato Moravia, un Flaiano avvolto dal fumo della sigaretta, in attesa del verdetto scritto col gesso sulla stessa lavagna di 65 anni fa. Già, cambiano solo le facce.

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