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Accordo di pace, Trump e i mediatori in Egitto per la firma. Meloni: "L'Italia lavorerà per la ricostruzione

Foto: Ansa

Luca De Lellis
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Un’intesa senza i protagonisti del conflitto, ma che potrebbe segnare una svolta nella crisi di Gaza. Lunedì, a Sharm el-Sheikh, il presidente americano Donald Trump e i mediatori di Egitto, Qatar e Turchia firmeranno presumibilmente il piano di tregua elaborato nelle ultime settimane. Né Israele né Hamas saranno presenti alla cerimonia, ma hanno inviato lettere di principio che riconoscono le basi dell’intesa. Una formula diplomatica che consente la firma senza un riconoscimento reciproco diretto. Alla cerimonia parteciperanno rappresentanti di diversi Paesi europei: Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, Grecia, oltre a vari Stati arabi e islamici. Per il nostro esecutivo sarà presente il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, mentre il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso “pieno sostegno” al piano americano, annunciando la disponibilità a inviare militari per una missione di pace e ad avviare la ricostruzione di Gaza, a partire da scuole e ospedali.

Secondo la Cnn, il rilascio dei 48 ostaggi ancora detenuti a Gaza potrebbe avvenire tra domenica notte e lunedì mattina, prima dell’arrivo di Trump in Israele. Nel frattempo, Israele ha avviato il trasferimento dei detenuti palestinesi che saranno liberati nell’ambito dell’accordo. Hamas ha ribadito di non voler procedere a un disarmo totale: le armi, ha dichiarato un funzionario del gruppo, saranno consegnate “a un futuro apparato militare di uno Stato palestinese”. Il movimento ha inoltre chiesto la liberazione di figure di spicco come Marwan Barghouti e Ahmad Saadat, richiesta che da parte sua Israele continua a respingere.

Intanto, gli artefici della pace, gli Stati Uniti di un tycoon rinvigorito dai complimenti ricevuti dalla nuova vincitrice del Nobel - secondo quanto dichiarato da due diplomatici - stanno inviando circa 200 militari per istituire un centro di coordinamento incaricato di supervisionare l’attuazione dell’accordo. Nessun soldato americano entrerà a Gaza: il centro opererà in Israele, gestendo logistica, sicurezza e assistenza umanitaria, in collaborazione con altre nazioni e organizzazioni internazionali.

In queste stesse ore, però, l’esercito israeliano ha colpito postazioni di Hezbollah nel sud del Libano, accusando il gruppo di opposizione al cessate il fuoco. Il presidente libanese Joseph Aoun ha denunciato l’attacco come “odioso”, invitando Netanyahu ad astenersi, nel contesto di una situazione così delicata, all'apertura di un nuovo fronte di crisi. Il momento della storica firma di Sharm el-Sheikh, dopo due anni esatti di massacro, è alle porte. Un passo diplomatico storico, costruito però ancora su fondamenta instabili. Un accordo fragile, sottoscritto e sostenuto da chi non combatte e tenta di ricostruire la pace in una terra in perenne subbuglio, accettato da chi si è logorato nella guerra. Ma, al momento, l'unica strada percorribile.

 

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