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Navalny, le lettere al dissidente del passato: “Il regime di Putin cadrà, è come l'Urss”

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Il dissidente di oggi corrispondeva al dissidente di ieri. Alexey Navalny ha scritto dalla sua colonia penale a Natan Sharansky per ringraziarlo del suo libro «Non temere il male» nel quale raccontava la sua prigionia nei gulag sovietici. A rivelare lo scambio epistolare, dopo la morte in carcere di Navalny, è il sito «The free Press». «Voglio ringraziarti molto per questo libro che mi ha aiutato tanto e continua ad aiutarmi. Sì, sono allo Shizo (la cella di punizione, ndr), ma quando ho letto dei tuoi 400 giorni in cella di punizione con razioni di cibo decrescenti, uno capisce che c’è chi ha pagato un prezzo anche più alto per le sue convinzioni», scriveva Navalny a Sharansky in una prima lettera del marzo 2023, uscita dal carcere grazie ai suoi avvocati, che gli avevano procurato il libro. «Il tuo libro mi ha dato speranza perché la similitudine fra i due sistemi - l’Urss e la Russia di Vladimir Putin - le loro somiglianze ideologiche, l’ipocrisia alla base della loro essenza, la continuità dall’una all’altra, tutto ciò garantisce un ugualmente inevitabile collasso», scriveva ancora Navalny.

 

 

Commossa la risposta di Sharansky, che si dice un «ammiratore» di Navalny. E che ricorre all’humor nero dei prigionieri del gulag, dicendo di essersi sentito come «un uomo anziano che riceve una lettera dalla sua alma mater, l’università dove ha trascorso molti anni della sua gioventù». Sharansky, che trascorse nove anni nei gulag sovietici fino al 1986, spiega di aver scritto il suo libro come manuale di sopravvivenza per chi era prigioniero del Kgb. «Ti auguro, non importa quanto sia duro fisicamente, di mantenere la tua libertà interiore», continua Sharansky, aggiungendo di sperare che Navalny non superi il suo record di permanenza allo Shizo.

 

 

Sharansky e Navalny si scriveranno ancora due lettere. L’ex dissidente sovietico, poi emigrato in Israele dove è stato anche ministro, ha rivelato nelle missive che il suo libro è stato letto anche da un altro dissidente russo oggi in carcere, Vladimir Kara Murza.

 

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