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Al vertice Ue riflettori su bilancio e Ucraina. Sbloccati 10 miliardi per Orban

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Sono tanti i punti di scontro su cui i leader Ue dovranno trovare una quadra al vertice di giovedì. Adesione dell’Ucraina, della Moldova e dei Balcani, aumento del bilancio pluriennale, con i fondi per Kiev e la migrazione. La presidente Giorgia Meloni e i leader Ue sono arrivati a Bruxelles per partecipare al summit con i 6 Paesi dei Balcani. L’attenzione è tutta rivolta al premier ungherese, Viktor Orban e al suo veto sull’avvio dei negoziati Ue e del sostegno economico e militare a Kiev. La Commissione europea ha sbloccato, con un tempismo sospetto, 10.2 miliardi di fondi coesione per l’Ungheria, per le riforme raggiunte in ambito giudiziario, ma ha deciso di mantenere il meccanismo di condizionalità di bilancio sullo stato di diritto e di tenere congelati gli altri 21 miliardi del Pnrr e 6,3 miliardi di altri programmi per la coesione. Nonostante i leader dei gruppi di maggioranza al Parlamento europeo abbiano invitato la presidente della Commissione a non concedere nulla al leader ungherese, un primo segnale è stato inviato. Sarà un vertice complesso e difficile e si lavora giorno e notte per salvaguardare l’unità europea, afferma il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che sta elaborando anche le bozze negoziali per la revisione del bilancio. Nell’ultimo testo i fondi per la migrazione passerebbero da 12.5 a 8.2 ma la misura in ogni caso sarebbe soddisfacente per l’Italia.

La proposta iniziale della Commissione di aumentare il bilancio 2021-2027 di 66 miliardi avrebbe comportato un aumento del contributo a carico dell’Italia di circa due miliardi all’anno in più rispetto a quello che il Paese già versa. Di fronte ai rilievi della Ragioneria generale, anche l’Italia, alla vigilia del ritorno delle regole del Patto di Stabilità, nuovo, se si raggiugerà l’accordo nei prossimi giorni, o vecchio, ha interesse a tagliare le cifre previste inizialmente. D’altronde sulla migrazione il governo incassa i risultati raggiunti dalla Commissione europea, che, come a ogni Consiglio europeo, riferisce ai leader le azioni intraprese. Nella lettera inviata dalla presidente von der Leyen si fa persino un "endorsement" dell’accordo Italia-Albania, che viene considerato un esempio di out-of-the-box-thinking (pensiero fuori dagli schemi). Intesa di cui invece, a poche ore di distanza, la Corte Costituzionale albanese ha sospeso la procedura di ratifica in parlamento, accogliendo due ricorsi presentati da 30 parlamentari dell’opposizione e fissando l’udienza al 18 gennaio. Sull’adesione il fronte dei paesi tiepidi potrebbe allargarsi oltre l’Ungheria e l’Austria. Alcuni vorrebbero far passare il principio che, se non ci sono i fondi per le esigenze nazionali, non dovrebbero esserci nemmeno per l’Ucraina. L’Italia, invece, punta molto a far passare l’avvio dei negoziati di adesione anche alla Bosnia-Erzegovina. «Il Consiglio europeo è pronto ad avviare i negoziati di adesione con la Bosnia-Erzegovina, una volta raggiunto il necessario grado di conformità ai criteri di adesione», si legge nell’ultima bozza delle conclusioni, che parlano anche di accelerazione per tutto il processo nei Balcani. Al vertice ha fatto il suo grande ritorno in veste di nuovo primo ministro polacco, Donald Tusk, che ha guidato il consesso dei leader Ue dal presidente del Consiglio europeo dal 2014 al 2019. «La Polonia è tornata in Europa, è il momento più importante della mia vita politica, non è stato facile», ha detto arrivando al vertice Ue-Balcani Occidentali. «Il mio ruolo - ha aggiunto - è quello di rafforzare la determinazione dell’Europa e convincere gli Alleati che la cosa più importante come Europa è di sostenere l’Ucraina in maniera efficace». Un altro terreno di scontro potrebbe essere il Medioriente. In mattinata il premier spagnolo, Pedro Sanchez, parlando alla plenaria del Parlamento ha chiesto un cessato il fuoco immediato a Gaza. Anche qui le posizioni sono molto diverse. A dimostrarlo i voti degli Stati Ue all’Assemblea generale dell’Onu sulla risoluzione che chiedeva una tregua immediata ai combattimenti: Austria e Repubblica Ceca si sono espresse contro, Bulgaria, Germania, Ungheria, Italia, Lituania, Paesi Bassi, Romania e Slovacchia si sono astenute e gli altri hanno votato a favore.

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