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Al-Shifa, ospedale circondato dai tank: armi ma niente ostaggi

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Silvana Tempesta
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Tank nel campus e soldati nei reparti in quella che le forze israeliane (Idf) hanno definito una «operazione precisa e mirata contro Hamas» all’interno dell’ospedale di al-Shifa, il più importante della Striscia di Gaza. Nella struttura l’Idf non ha trovato alcuna traccia degli ostaggi nelle mani dei miliziani palestinesi ma ha detto di aver rinvenuto armi e altri beni di Hamas oltre a «prove concrete» del fatto che l’al Shifa venisse usato come struttura e comando militare. «È una palese menzogna», ha commentato Hamas, parlando di «propaganda a buon mercato» di Israele, «che sta cercando di giustificare i suoi crimini e la distruzione del sistema sanitario a Gaza». A credere alla versione israeliana è la Casa Bianca, con il Consigliere per la sicurezza nazionale Usa, John Kirby, che ha bollato la presenza di Hamas nell’ospedale come una «violazione delle leggi di guerra». Dure critiche, nei confronti del blitz, sono arrivate dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). «L’incursione militare israeliana all’interno dell’ospedale al-Shifa di Gaza è totalmente inaccettabile», ha tuonato il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ricordando che «gli ospedali non sono campi di battaglia».

 

 

L’Oms è, in particolare, preoccupata per la sorte dei pazienti e degli operatori sanitari dell’al Shifa, con cui, ha spiegato Ghebreyesus, «abbiamo perso di nuovo i contatti». Da giorni l’ospedale era circondato dai militari israeliani, dovendo confrontarsi con una situazione drammatica, caratterizzata da continui attacchi e da forniture sempre più limitate, comprese quelle di carburante. Necessità, quest’ultima, cui solo in parte potrà rispondere la fornitura da oltre 25mila litri di gasolio entrata Mila litri La quantità di gasolio fornita per ambulanze e generatori Secondo l’Unrwa copre solo il 9% del fabbisogno delle attività sanitarie nella Striscia di Gaza attraverso il valico di Rafah. Il diesel consegnato sarà, infatti, utilizzato esclusivamente per il funzionamento dei camion utilizzati per le operazioni umanitarie. «Non è affatto sufficiente, ne serve molto di più», ha dichiarato l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa), secondo cui i 25mila litri copriranno solo il 9% «di quanto necessario per le attività salvavita quotidiane». E il suo Alto commissario, Philippe Lazzarini, ha aggiunto: «Entro la fine di oggi, circa il 70% della popolazione in Gaza non avrà accesso all’acqua pulita. Avere carburante solo per i camion non salverà più vite umane».

 

 

Il tutto mentre prosegue l’operazione via terra delle truppe israeliane che hanno fatto esplodere il parlamento di Hamas a Gaza City, uno dei simboli del potere nella Striscia dall’orgaizzazione. «Non c’è nascondiglio o rifugio» che sia sicuro «per gli assassini di Hamas», ha minacciato Benjamin Netanyahu, che sul fronte interno continua ad affrontare polemiche per gli scarsi progressi nei negoziati per il rilascio degli israeliani rapiti. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, intanto, è tornato a lanciare accuse contro Tel Aviv per le vittime civili tra i palestinesi di Gaza. «Israele è uno stato terrorista», ha affermato. «Non accettiamo la sua predica», gli ha risposto Netanyahu. Della guerra in Medioriente, il leader di Ankara ha discusso telefonicamente anche con Meloni. Durante il colloquio Erdogan ha evidenziato che «le atrocità contro i territori palestinesi si stanno aggravando e che le morti civili aumentano di minuto in minuto» e ha detto di aspettarsi il sostegno dell’Italia «per garantire il cessate il fuoco e una pace duratura». E ieri è arrivata anche la risoluzione dell’Onu - votata con 12 voti a favore e 3 astenuti (Russia, Regno Unito e Usa) in cui si chiede «pause e corridoi umanitari urgenti ed estesi in tutta la Striscia per un numero sufficiente di giorni per consentire l’accesso di aiuti».

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