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Parlamento europeo, la coppia Letta-Di Maio fa flop anche a Bruxelles

Dario Martini
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La coppia Letta-Di Maio è stata protagonista, purtroppo per loro in senso negativo, della campagna elettorale dell’estate di un anno fa. Oggi si sono reinventati in Europa grazie ai loro preziosi agganci politici. Enrico Letta, una volta dimessosi da segretario del Partito democratico, lasciando il timone ad Elly Schlein, ha ottenuto un incarico d’eccezione dalla Commissione europea, di concerto con la precedente presidenza di turno spagnola dell’Unione: deve redigere un piano per rilanciare il mercato unico. L’ex grillino Luigi Di Maio, invece, sconfitto anche lui alle elezioni del 25 settembre 2022, nonostante fosse riuscito a farsi mettere in lista proprio dal Pd, ha una missione ancora più prestigiosa: rinsaldare i rapporti tra l’Europa e i Paesi arabi grazie al mandato da inviato nel Golfo Persico. Per entrambi, però, le cose pare che non vadano a gonfie vele. Letta viene snobbato dai parlamentari europei che dovrebbero bramare di ascoltare la sua rivoluzione dello spazio economico europeo. Di Maio viene addirittura tenuto nascosto. La prima riunione in cui avrebbe dovuto riferire i risultati del suo lavoro è andata in scena aporte chiuse. Vietato ascoltarlo. Impossibile conoscere gli obiettivi centrati nei suoi primi cinque mesi di lavoro. Partiamo dall’ex leader Dem. Ieri mattina alle 9 si è presentato, come da programma, in commissione Industria, Ricerca ed Energia. Un’aula grandissima, con più di 200 posti a sedere. Solo quattro eurodeputati su 78 sono andati ad ascoltarlo per interrogarlo su come sta procedendo il suo lavoro. Erano le italiane Elena Lizzi (Lega) e Patrizia Toia (Pd), la ceca Martina Dlabajovà (Renew) e il finlandese Mauri Pekkarinen (Renew). A colpo d’occhio l’aula appaMesi Il tempo trascorso da quando Luigi Di Maio è stato nominato rappresentante speciale della Ue nel Golfo Persico re deserta, anche se si vede qualche altro coraggioso che ha scelto di non mancare, dal momento che possono assistere anche staff, advisor, assistenti e pubblico, oltre agli eurodeputati di altre commissioni. «Sono alla ricerca della formula magica per rilanciare il mercato unico europeo», aveva detto Letta nel luglio scorso in un’intervista a Le Soir. La «relazione di alto livello» a cui sta lavorando dovrebbe essere pronta a marzo 2024, prima delle prossime elezioni europee. Quella di Letta non è l’unica mente italiana chiamata a delineare il futuro dell’Europa. Poco più di un mese fa, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha chiesto l’aiuto di un altro ex premier: Mario Draghi, al quale ha affidato l’incarico di redigere un report sulla competitività nell’Unione.

Tornando a Di Maio, che proprio durante il governo Draghi è riuscito ad instaurare un rapporto stretto con il suo mentore, l’Alto rappresentante per la politica estera europea Josep Borrell, occorre raccontare ciò che è accaduto in commissione Esteri tre giorni fa, martedì 24 ottobre. Il formato dell’incontro era molto diverso da quello di Letta. Rigorosamente a porte chiuse. «In camera», come si dice in gergo. Era vago anche l’ordine del giorno: «Excange of views», uno scambio di vedute con il rappresentante speciale della Ue nel Golfo. Comunque un appuntamento importante, essendo la prima volta che Di Maio era chiamato a rendere conto del suo operato. Pure per lui l’affluenza si è rivelata un flop. Pare che fossero presenti solo cinque europarlamentari. A differenza dell’ex segretario del Pd, non esiste una registrazione o resoconto stenografico dell’incontro. Nessuna trasparenza. Chissà cosa avrà risposto alle domande della leghista Anna Cinzia Bonfrisco, uno dei pochi onorevoli presenti, che da tempo pretende di sapere quale «garanzia di imparzialità» possa assicurare in quel ruolo l’ex capo del M5S. Le uniche informazioni di prima mano che è possibile reperire sul nuovo lavoro di Di Maio sono i suoi tweet. Concisi e lapidari, ma sempre corredati da foto con strette di mano e grandi sorrisi. L’ultimo "cinguettio" è di ieri: lo vediamo accanto a Majid bin Abdullah Al Qasabi e ad Abdel al Jubeir, rispettivamente ministri del Commercio e degli Esteri dell’Arabia Saudita. «C’è così tanto da fare insieme per realizzare le nostre ambizioni di trasformazione condivise», la frase a corredo del tweet. Di Maio ha proprio cambiato vita, le polemiche italiane sono ormai lontanissime. Non sappiamo se ieri abbia letto le dichiarazioni di Giuseppe Conte sul suo conto: «L’ho perso di vista. Quello che è successo è pubblico: abbiamo avuto un ministro del M5S, ex leader, un riferimento fondamentale per il nostro Movimento, che a un certo punto è rimasto inebriato dall’agenda Draghi e da tutto l’establishment. Ha iniziato a pensarla completamente in modo diverso opposto, addirittura da ministro degli Esteri da noi nominato ha deciso di fare una scissione, è andato in tv e ha iniziato a parlare contro il Movimento, ha detto cose false a tutti i Tg: che volevamo uscire dalla Nato, che eravamo una minaccia per la sicurezza italiana ed europea. Pensate come siamo stati felici di ascoltarlo. E poi è stato candidato dal Pd».

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