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Bombe a grappolo, escalation dopo la mossa Usa: la minaccia della Russia

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Le bombe a grappolo, che gli Stati Uniti hanno deciso di fornire all’Ucraina, potrebbero rappresentare un’ulteriore escalation del conflitto. Lo sostengono i vertici di Mosca, ma anche numerosi paesi europei hanno manifestato la loro contrarietà nei confronti della scelta presa nel week-end a Washington. Serve a poco la rassicurazione di Kiev, secondo cui gli ordigni non saranno sganciati nel territorio russo ma serviranno a liberare le aree occupate dalle truppe del Cremlino. D’altronde, né americani, né ucraini e tanto meno Vladimir Putin hanno mai ratificato la convenzione con la quale oltre 120 stati si sono impegnati da anni a non usare le bombe a grappolo, una sorta di ordigno «matrioska» all’interno del quale sono inserite numerose munizioni più piccole pronte a colpire un’area più vasta rispetto alla deflagrazione principale. La loro maggiore pericolosità è data dal raggio d’azione più ampio e dal fatto che spesso le «sotto-bombe» rimangono inesplose e possono causare effetti devastanti nel lungo periodo.

 

Diverse, naturalmente, le reazioni delle due parti in causa. «Le munizioni a grappolo sono estremamente importanti per l’Ucraina. Compensano in qualche modo il nostro deficit di proiettili e ripristinano parzialmente la parità sul campo di battaglia», ha twittato oggi il consigliere principale di Volodymyr Zelensky, Mykhailo Podolyak. Mosca, invece, attraverso l’incendiario Dmitrij Medvedev, si è scagliata contro Joe Biden, definito dall’ex presidente «un nonno col piede nella fossa» che vuole provocare un’escalation nucleare. «Si potrebbe dire che è un vecchio malato in preda a demenza senile. Come se non sapesse cosa sta facendo. Forse il nonno morente, ossessionato da fantasie morbose, ha semplicemente deciso di andarsene bellamente, provocando un Armageddon nucleare per portare con sé metà dell’umanità nell’aldilà».

 

Medvedev dimentica però che il suo esercito ha già usato più volte le bombe a grappolo nei sedici mesi di conflitto e che il suo Paese, appunto, non ha mai firmato la convenzione internazionale per bandirle. Per quanto riguarda il nostro Paese, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha ricordato che Roma ha firmato la messa al bando di queste pericolose munizioni ma ha anche sottolineato che la Russia ne sta facendo ampio uso in Ucraina. La stessa Giorgia Meloni ha ribadito che «l’Italia aderisce alla Convenzione internazionale che vieta la produzione, il trasferimento e lo stoccaggio delle munizioni a grappolo» ma ha anche sottolineato «la condanna alla guerra d’aggressione della Russia, il supporto totale e costante alla resistenza dell’Ucraina, l’impegno con gli alleati per costruire un nuovo e più forte modello di sicurezza per l’Europa».

 

Nel frattempo la Russia ha attaccato la Turchia per la consegna, ieri, dei prigionieri di guerra appartenenti al battaglione Azov durante la visita di Volodymyr Zelensky: «È una violazione degli accordi vigenti» sia da parte di Kiev che di Ankara. A tuonare contro Recep Tayyip Erdogan è stato il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov. «La Russia non è stata informata del trasferimento dei comandanti dell’Azov dalla Turchia» e questa decisione della Turchia, fin qui attenta a mantenere una certa equidistanza fra Russia e Ucraina, potrebbe avere pesanti ripercussioni dal punto di vista diplomatico. Sul campo, invece, la giornata odierna ha registrato l’abbattimento di un missile lanciato da Kiev verso Kerch e il ponte che collega la Russia alla Crimea. Il traffico sull’arteria è rimasto a lungo bloccato e solo nel pomeriggio, nella penisola, la situazione è ritornata alla normalità. 

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