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Quando sono iniziate le proteste in Iran: cosa sa Dario Fabbri. La verità su Usa e nucleare

Giada Oricchio
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La rivoluzione in Iran tra proteste e repressione - ieri è stato impiccato il primo manifestante e la polizia spara ai genitali e al seno delle donne - riguarda tutti noi e Dario Fabbri spiega il motivo. Il direttore della rivista di geopolitica “Domino”, ospite del talk mattutino di LA7 “Omnibus, venerdì 9 dicembre, ha focalizzato la sua attenzione sul ruolo degli Usa che dal 1979 (anno dell’assalto all’ambasciata a Teheran) ha interrotto le relazioni diplomatiche in presenza con il Paese orientale. Martedì 6 dicembre 2022, gli Stati Uniti avevano aperto un’ambasciata virtuale per dialogare con i cittadini, ma in 24 ore il regime degli Ayatollah ha oscurato la pagina.

In merito, Fabbri ha osservato: “L’America era mossa da due motivazioni: una nobile e una strumentale. Quella nobile è non lasciare al regime la possibilità di reprimere in maniera ancora più dura le manifestazioni e l’altra è il nucleare iraniano. Non vogliono che collassi definitivamente un negoziato che sta andando già molto male. In queste settimane, gli americani hanno aumentato la pressione sul regime, ma fino a due mesi fa, cioè all’inizio della rivolta, chiedevano grande cautela”.

L’Iran è fornitrice di armi e droni alla Russia impegnata nell’invasione dell’Ucraina da 10 mesi. Una situazione molto precaria che riguarda anche il gas: “Adesso l’amministrazione Biden sta alzando la pressione sull’Iran perché ha meno fiducia che vada in porto l’accordo sul nucleare, dire che il negoziato è diventato impraticabile - ha concluso l’analista -. E diventa difficile pure pensare di poter sostituire il gas russo con quello iraniano, come invece si credeva fino a qualche tempo fa”.

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