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La metamorfosi di Vladimir Putin: Grande Dittatore post-moderno. Il lancio della Guerra Santa

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“Tra le bandiere al vento della Federazione e le note delle rock-band preferite, Putin celebra la definitiva metamorfosi, in quello stadio-simbolo il cinico interprete dell'esperimento autoritario post-sovietico lascia il campo al Grande Dittatore post-moderno, che arringa le masse in parka Loro Piana da 12 mila euro”. Nuovo round delle polemiche tra La Stampa e la Russia: l’affondo è di Massimo Giannini, che scrive un editoriale sulla prima pagina dell’edizione del 20 marzo del quotidiano piemontese, nella quale attacca duramente il numero uno di Mosca. “Lo Zar Vladi - prosegue Giannini - ormai lancia a viso aperto la sua Guerra Santa. Per magnificare le gesta eroiche dei suoi militi Putin attinge direttamente alle Sacre Scritture: «Nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per gli amici». Citazione sacrilega, certo, come denunciano i nostri teologi. Impugna il Vangelo di Giovanni, per giustificare i massacri di Irpin o di Mariupol. Ma tutto si tiene, nel delirio bellicista e iconoclasta del Piccolo Padre di San Pietroburgo”. 

 

 

“Il progetto neo-zarista - sottolinea il giornalista - attraverso la riconquista dell'Ucraina e delle repubbliche ex Urss deve riportare la Madre Russia a ritornare impero. E il rigetto metafisico dell'Occidente e del «liberalismo decadente e obsoleto» che rappresenta, minaccia per la risorgente Pax Russica e per la nascente Union Sacreé delle autocrazie (già ora cassaforte del 30 per cento del Pil mondiale). La prima evidenza è che la Russia è in difficoltà, sul fronte interno più ancora che su quello ucraino. Il Tesoro russo arranca con un'inflazione a due cifre, un rublo svalutato del 30 per cento e gli scaffali mezzi vuoti nei negozi. La seconda evidenza è che, come ha fatto fin dall'inizio di questa avventura criminale, la Russia sta riprovando a rompere il fronte occidentale. Ma per quanto cementato da interessi non sempre convergenti, l'asse delle democrazie ha retto l'urto e ha reagito. Ma ora che la guerra va avanti e la diplomazia ristagna, Putin ci riprova. E punta dritto su quello che deve sembrargli l'anello debole della catena occidentale, l’Italia". 

 

 

Giannini focalizza la parte finale del suo intervento sulle minacce al nostro Paese: “L’Italia ancora si diletta nel miserabile derby tra putinisti e anti-putinisti. I fulminati della Pax Russica esigono la par condicio bellica, se ascoltiamo la vittima, allora dobbiamo sentire anche il carnefice. Caspita, sicuramente avrà ottime ragioni per spiegarci che le bombe su ospedali e teatri sono solo fake news e che gli ucraini sono impegnati in un suicidio di massa. Con un Paese così, se sei il carnefice e ci hai fatto molti traffici e buoni affari, ti conviene provare a fare la faccia feroce. E magari sperare che una simile astenia politico-culturale indebolisca anche gli alleati d'Europa, sospesi in questo strano limbo che non è ancora guerra, ma non è più pace. Sta all'Italia, adesso, far fallire miseramente anche questo secondo tentativo di Putin. Respingendo con forza qualunque minaccia e rifiutando ogni forma di ‘intelligenza col nemico’, sia pur continuando a lavorare ogni giorno e ogni ora perché prevalgano le ragioni del dialogo su quelle del conflitto. Finora, tutto sommato, ci siamo riusciti”. “Tutti - conclude l’editoriale - vogliamo la pace. E dobbiamo lavorare per raggiungerla. Ma non ci beviamo il Verbo del Grande Dittatore”.

 

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