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L'esperto: "Berlusconi peacekeeper tra Russia e Ucraina. Draghi sbaglia a mandare le armi"

Valeria Di Corrado
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“L’Italia può avere un ruolo determinante sul piano diplomatico, in un contesto di piena lealtà alla Nato. Il premier Draghi dovrebbe delegare Silvio Berlusconi a fare da mediatore, da peacekeeper. Il nostro Paese potrebbe diventare il luogo ideale in cui firmare un trattato di pace tra Russia e Ucraina”. Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere penali di diritto europeo e internazionale, è convinto che la chiave di volta per risolvere un conflitto che rischia di diventare globale possa arrivare proprio dall’Italia. L’avvocato Tirelli è sposato con un’ucraina, sua figlia è nata a Kharkov e parte della sua famiglia è ancora in quella zona, ma allo stesso tempo è un grande conoscitore della realtà russa, avendo in passato assistito legalmente alcuni oligarchi. “Siamo perfetti in questo ruolo perché non siamo una potenza nucleare, non siamo una minaccia militare per nessuno e Putin, prima dell’invasione dell’Ucraina, ha sempre espresso soddisfazione per i rapporti bilaterali con l’Italia”.

Perché Putin dovrebbe dare retta a Berlusconi?

“Perché in tutta Europa non esiste un politico che ha dimostrato un atteggiamento di apertura verso Putin. Berlusconi negli ultimi 15-20 anni ha tentato di avvicinare la Russia allo spirito occidentale, di “europeizzarla”; invece di emarginarla – come hanno fatto altri leader – nella veste di potenza asiatica, fino a condurla ad allearsi militarmente con la Cina. Berlusconi è stato l’unico a pronunciarsi contro le sanzioni economiche emesse nel 2014 contro la Russia. E prima ancora, il 28 maggio 2002, fece incontrare a Pratica di Mare Putin e Bush”.

Cosa è cambiato da allora?

“Questo disastro politico internazionale è stato determinato dal partito democratico statunitense. Ritengo sia la madre di tutti i mali. Non è più il partito di Jimmy Carter e John Kennedy, che erano uomini di pace. I democratici di oggi sono un conglomerato di lobby: banche d’affari, case farmaceutiche, colossi multinazionali informatici e dell’informazione. Non dimentichiamoci che l’ex presidente Donald Trump è stato tagliato fuori dalla comunicazione su Twitter. Cosa c’è di democratico in questo?”

Cosa sarebbe cambiato se Trump fosse stato rieletto presidente degli Usa?

“Non saremmo in questa situazione, sull’orlo di un conflitto internazionale. La sua non rielezione ha rappresentato una battuta di arresto per la pace. Trump è sempre stato descritto dai media americani come un guerrafondaio, ma è l’unico presidente nella storia degli Stati Uniti che non ha firmato un atto bellico. Obama, che è sempre stato dipinto come un bravo ragazzo, figlio di emigrati africani, simbolo dell’ascensore sociale americano, ha fatto bombardare la Libia e la Siria, ha determinato le condizioni per il ritiro dall’Afghanistan e contribuito alla crisi con la Russia, avendo imposto le sanzioni nel 2014. Biden sta facendo anche peggio. Abbiamo la peggiore classe politica della storia”.

Il discorso vale anche per l’Italia?

“Certo. Ci troviamo a rischiare perché abbiamo un ministro degli Esteri che ha definito Putin, in diretta tv, un animale. Un intervento del genere altera la temperatura delle relazioni internazionali. I nostri leader di oggi non farebbero nemmeno i consiglieri comunali di Roma negli anni ’60. Siamo al minimo storico di autorevolezza. I 5 Stelle rappresentano il nulla al potere. Io ho vissuto in Venezuela e trovo un’incredibile somiglianza con quello che è avvenuto lì e l’ascesa di M5S. Per non parlare del fatto che una tv di Stato che fa commentare ad Al Bano il conflitto dovrebbe chiudere i battenti”.

Isolare completamente la Russia con lo Swift, il sistema che fa girare i pagamenti nel mondo, porterà a indebolire realmente Putin e il consenso popolare?

“No, al contrario lo fortificano. Perché i russi vedranno in lui un salvatore della patria. I Paesi, quando vengono sfiancati sul piano economico, si inorgogliscono, non buttano giù i loro capi. E poi sfidare Putin è una follia, è come sfidare un orso. Un uomo che ha vissuto durante le purghe staliniane, che a 14 anni è entrato nel Kgb, che dopo la caduta del muro di Berlino ha sfidato la morte per difendere il palazzo del Kgb. Finora la Russia ha messo in campo solo un terzo della sua potenza militare”.

Siamo all’ottavo giorno di guerra, dall’invasione russa dell’Ucraina. Cosa dobbiamo aspettarci?

“La crisi missilistica di Cuba è durata 13 giorni. Se superiamo i 15 giorni la situazione diventa davvero allarmante. Siamo preoccupati dell’arma termobarica (la bomba a implosione) che hanno i russi e delle milizie cecene mandate da Putin in Ucraina: sono killer animati dal fondamentalismo islamico. Per questo è fondamentale creare un corridoio umanitario per far evacuare donne e bambini verso il confine ungherese e rumeno. A Kharkov, che è la città più colpita dai bombardamenti, ci sono dieci orfanotrofi, con 60-70 bambini ciascuno che ora sono lasciati allo sbando. Hanno 2 o 3 anni e non stanno mangiando, non c’è nessuno che gli cambi il pannolino. Serve un’intesa tra le forze armate russe e ucraine per permettere la fuga. Sarebbe anche un’occasione per iniziare un dialogo serio tra le parti”.

Cosa ne pensa della decisione del governo Draghi di mandare armi all’Ucraina?

“È una decisione che rischia di coinvolgere l’Italia in un conflitto e non poteva essere presa da un premier che non ha mai passato il vaglio delle elezioni. Non c’è stata una sola forza politica che la Russia potrebbe vederla come un’interferenza. Cosa succederà quando gli ucraini ammazzeranno i soldati russi con le armi italiane? Putin non scherza. All’inizio dell’invasione ha lanciato un avvertimento: chiunque si intromette ne farà le spese. Chi manderemmo in guerra a guidare le truppe italiche? Il generale Di Maio? L’Italia deve mantenere una posizione di neutralità, anche in accordo con i sentimenti degli italiani che non vogliono questa guerra. Non bisogna dimenticare che la Nato ha una matrice difensiva, non offensiva”.

A chi daranno le nostre armi?

“Solo il 40-50% andrà in mano alle truppe regolari ucraine, che tra l’altro ormai sono composte anche da diciottenni inesperti perché stanno obbligando l’intera popolazione ad arruolarsi. Le altre armi verranno distribuite in modo discrezionale e finiranno anche ai criminali. Questo perché stanno liberando i detenuti dalle carceri per farli andare in guerra. Si creeranno sacche di potere mafioso, come successe in Sicilia durante la seconda guerra mondiale quando gli Usa armarono la popolazione. L’Ucraina rischia di diventare uno Stato-canaglia. Già ora non ha i requisiti per entrare nell’Ue. Bisognerebbe farlo diventare un partner privilegiato esterno e avviarlo a un percorso che fra 5-6 anni consenta l’ingresso. Tra l’altro Putin ha detto chiaramente che non è contrario a che l’Ucraina entri nell’Ue. La condizione che ha posto è che non entri nella Nato; oltre al riconoscimento dell’annessione della Crimea alla Russia e dell’autonomia politica e culturale delle repubbliche di Donbass e Donetsk russofone”.

Sono condizioni che Zelensky può accettare?

“Partendo dal presupposto che condanniamo l’invasione russa senza se e senza ma, e che bisogna preservare l’autonomia e l’indipendenza dell’Ucraina, io credo che il Zelensky dovrebbe accettare le condizioni di pace. Anche perché da quello che mi riferiscono, gli ucraini iniziano a pensare che voglia costruirsi l’immagine del martire, a spese dell’intera popolazione”.

E in tutto questo l’Onu che ruolo sta avendo?

“Nessuno. In questa guerra la prima sconfitta è l’Onu. Si sta rivelando un organismo vuoto. Cosa li paghiamo a fare questi rappresentanti che vanno in missione? L’Onu non sta contribuendo in alcun modo alla diplomazia internazionale”.

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