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Russia Ucraina, esclusa l'opzione militare della Nato: "Gli oligarchi faranno cadere Putin"

Francesca Musacchio
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Lo faranno fuori gli oligarchi. Perché l'Europa, gli Stati Uniti e la Nato non si faranno trascinare in una guerra nel cuore del vecchio continente. Nessun intervento militare per fermare Putin, si procederà con sanzioni mirate tese a indebolirlo fino a farlo cadere. Strategia complessa, fanno notare fonti di Palazzo Chigi, ma al momento sarebbe questo l'obiettivo e la speranza della comunità internazionale, che da ieri mattina assiste all'attacco dell'Ucraina da parte della Russia. Una guerra che si sperava non esplodesse, ma che tutti sapevano sarebbe arrivata. Le sirene antiaeree di Kiev hanno iniziato a suonare all'alba. Quando a Mosca sono quasi le 6 del mattino e Vladimir Putin annuncia in tv l'attacco all'Ucraina.

Parte così il tam-tam di notizie. Anche i contatti tra le cancellerie europee e gli Stati Uniti si intensificano. Il piano per fermare Putin ci sarebbe, ma bisogna metterlo in atto. Le intelligence europee e la Cia hanno informazioni che da tempo sono state messe a disposizione dei vari decisori politici e che hanno contribuito a creare una possibile strategia per arginare i progetti del presidente russo. Le sanzioni fanno parte del piano, ma devono essere mirate verso coloro che potrebbero voltare le spalle allo zar e causarne la caduta. Gli oligarchi, quindi, che rappresentano la spina dorsale del potere di Putin, tra affari e corruzione anche internazionale. Metterli alle strette bloccando i loro traffici economici, estrometterli dalle transazioni finanziarie internazionali, congelare i patrimoni all'estero, bloccare la possibilità di movimento.

A lungo andare, tutto questo potrebbe minare la fedeltà verso Putin anche di uomini come Gennady Timchenko, il sesto uomo più ricco della Russia, o esponenti della famiglia Rotenberg. Tutti molto vicini al presidente e anche tutti maledettamente ricchi e potenti. Il Parlamento inglese ha stilato un elenco con 35 oligarchi di spicco della cosiddetta cleptocrazia capeggiata da Vladimir Putin, tra questi ci sarebbe anche Roman Abramovich, proprietario del Chelsea, a cui già dal 2018 non è stato rinnovato il visto per accedere nel Paese.

Alcuni di questi miliardari russi sono accusati di aver finanziato i separatisti nel Donbass. Altri fanno affari in tutta Europa e in America. Secondo fonti dell'intelligence Usa, molti di questi oligarchi non hanno approvato la decisione di Putin di invadere l'Ucraina, sarebbe stato meglio accontentarsi di annettere le due Repubbliche del Donbass e magari portare avanti la tensione diplomatica, ma senza arrivare alla guerra e alle sue conseguenze.

Ma Vladimir è andato oltre, forse fomentato dai suoi generali ansiosi di allontanarsi dal tavolo del Risiko e spostarsi sul terreno reale. Ma Ue, Usa e Nato non possono permettersi di cadere della trappola dello zar. Dunque, l'opzione militare è esclusa. Si procederà con sanzioni pesanti verso la Russia, che al momento fa i conti con un'economia zoppicante. I Paesi occidentali, però, sarebbero ancora divisi sulla possibilità di espellere la Russia dal sistema di pagamenti internazionali Swift, che provocherebbe danni ingenti al sistema finanziario di Mosca.

Tuttavia, «se i treni e i camion che vanno dalla Germania alla Russia si fermano in Polonia, sarà la caduta di Putin. La guerra è terribilmente impopolare in Russia, tutti sono contrari e a Mosca non c'è nessuno che lo appoggia. Invadere il paese più grande d'Europa con miserabili 120mila soldati sul campo è un fallimento garantito. E sarà la caduta di Putin», spiega a Il Tempo il politologo statunitense Edward Luttwak. Si spera nella parabola discendente di un autocrate, dunque, che forse ha compiuto il passo più lungo della gamba. In attesa che ciò accada, e mentre l'Ucraina è sotto attacco, l'Europa e gli Stati Uniti cercano di limitare i danni.

Se l'opzione militare è esclusa, i sistemi di difesa nazionali sono in allerta. Ieri mattina, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha presieduto la riunione del Consiglio Supremo di Difesa. Mentre Mario Draghi ha riunito il Cisr, il Comitato interministeriale per la Sicurezza della Repubblica, dove sono state valutate le misure da adottare perché le ricadute sulla nostra sicurezza nazionale sono tante, non solo quelle relative all'approvvigionamento energetico. In allerta anche le basi Usa in Italia, comprese quelle dove sono presenti i comandi Nato. Da Bagnoli, in provincia di Napoli, dove ha sede il quartiere generale della Nato, fino ad Aviano, Sigonella, Vicenza e Pordenone. Gli apparati sarebbero in fibrillazione, anche se solo per mere attività di ricognizione, laddove fosse strettamente necessario.

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