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Erdogan lascia Ursula Von der Leyen senza sedia: l'Europa umiliata dal Sultano

Pietro De Leo
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Nel mondo dominato dal visuale può capitare che ad esser simbolo della cattiva politica non sia la poltrona in più, ma quella in meno. E allora eccola lì l’immagine incriminata. C’è il leader turco Recep Tayyp Erdogan, da tempo avviato all’auto profilazione come punto di riferimento del sunnismo politico mondiale. Assiso in poltrona. Poco distante c’è il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel, in una seduta omologa, da pari dignità, come se fosse in corso un incontro bilaterale.

Peccato, però, che bilaterale non era. Sì, perché al vertice di Ankara era presente anche la Presidente della Commissione Ue, l’esecutivo comunitario, Ursula Von der Lyen. C’è anche lei, in foto, ma non si vede al primo colpo d’occhio, bisogna svolgere lo sguardo a sinistra, e la si individua su un sofa, in una posizione evidentemente defilata e secondaria. Un frontale di protocollo che costituisce una vittoria e una sconfitta, a seconda del verso da cui si legge. La vittoria è della disinvoltura tracotante del presidente turco, che ancora una volta, nel confronto con l’Unione Europea, dimostra di essere padrone del campo e del copione, un rullo compressore sul messaggio che diventa sostanza. La sconfitta è dell’Europa-istituzione, avviluppata sulla sua retorica dei diritti, della parità, tutta quote di personale e buone intenzioni. Spargitrice di prediche sui valori che sono universali soltanto fino al confine di casa propria.

Poco più in là, comunque e sempre, prevale la realpolitik. Quel contro-valore non sempre efficace (non in questo caso), che fa allargare le braccia alla Presidente Von der Lyen, resasi conto della situazione, per poi mandare avanti il vertice, e dare il via alle reazioni a scoppio ritardato. E dunque il portavoce della Commissione, Eric Mamer sottolinea che la Presidente ha preferito “dare priorità alle questioni di sostanza rispetto al protocollo”, al fine di “far avanzare un processo politico fra l’Ue e la Turchia”. E poi ha evidenziato che “saranno presi contatti con tutte le parti coinvolte perché non si ripeta in futuro” quanto accaduto. Pare che, sul lato tecnico, lo staff di protocollo della Commissione non abbia partecipato alle riunioni con quello turco per via delle precauzioni anti-Covid e forse ciò è alla base dell'incidente.

La foto gira, diventa virale, simbolo di un’ Europa benaltrista che sceglie di non giocarsi -come al solito- la partita politica sul piano dei  valori. Cosa che i due presidenti (Michel soprattutto) avrebbero potuto fare con un gesto simbolico dall’alto contenuto politico, tipo rifiutarsi di prender parte al vertice fin quando il protocollo non avesse riconosciuto alla postazione di Ursula von der Lyen la dignità che le è dovuta. Ma oramai il danno è fatto e sul pugno di Erdogan si perdono gli echi delle reazioni del giorno dopo, dove praticamente tutto il quadro politico, sia italiano che continentale, ha stigmatizzato quanto accaduto. Tutte le famiglie europee unite nella condanna, registrando l’umiliazione di una donna capo capo di governo ridotta a comprimaria da uno pseudo sultano alla guida di un Paese che, peraltro, ha già sancito il proprio ritiro dalla convenzione sulla lotta alla violenza contro le donne. E quell’Europa politica, di cui affannosamente si cerca un’anima, dopo non averlo fatto con la risposta iniziale al Covid, approvvigionamento dei vaccini, conferma l’incapacità di difendere se stessa. Stavolta il lato è diverso, ma il risultato non cambia. 

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