Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Donald Trump, la democrazia Usa nel limbo dei ricorsi annunciati dal tycoon

Andrea Amata
  • a
  • a
  • a

Se Donald Trump si ostinasse a non concedere la vittoria a Joe Biden (concession speach), perché ritiene di essere stato defraudato da brogli elettorali, la democrazia americana verrebbe catapultata in un limbo. L'entourage dei legali di Trump sono pronti ad inaugurare una raffica di ricorsi che potrebbero congelare la proclamazione dei risultati in alcuni Stati. Il rito elettorale negli Stati Uniti è plasmato dal fair, cioè dal riconoscimento del vincitore nonostante la rivalità sanguigna fra i competitori. È bene ricordare ai deploratori chic, che si lamentano del Donald Trump eversivo, il loro tentativo di ostracizzarlo con la fake news della sua vittoria agevolata dagli hacker russi.

Qualora la frode elettorale contestata da Trump trovasse elementi probatori concreti, diventerebbe difficile per i teorici della democrazia biasimarne la resistenza. Anzi, sarebbe interesse degli autentici democratici diradare le ombre che si addensano sul procedimento elettorale della più grande potenza mondiale. Se, invece, le accuse di Trump si rivelassero infondate la sua riluttanza a riconoscere la sconfitta verrebbe additata come manifestazione immatura di chi mistifica la realtà, trascinando nell'onta il Gop. È pur vero che l'opacità del sistema di voto postale solleva interrogativi sull'autenticità del suffragio e sul rischio di manipolazione dell'espressione del voto. Quale segretezza e libertà, fattori qualificanti la democrazia elettorale, si può attribuire al voto per corrispondenza? Così come la faziosità censoria di alcune emittenti televisive americane, che hanno troncato la messa in onda della conferenza stampa di Trump, non sono segnali coerenti con la tradizione pluralista dell'informazione made in Usa. Se aggiungiamo il veto di alcune piattaforme social sulle dichiarazioni del presidente Trump ne ricaviamo una realtà comunicativa coalizzata nel contrasto ad una voce rappresentativa di milioni di cittadini.

I Repubblicani non possono rinunciare al carisma del loro leader che è riuscito a conquistare consistenti fette elettorali fra le minoranze etniche, vanificando la retorica narrativa dei suoi accusatori che gli imputano pulsioni xenofobe e razziste. Senza Trump probabilmente i Democratici avrebbero optato per un candidato più caratterizzato a sinistra, mentre l'esigenza di sottrarre l'arma dialettica dello scontro ideologico ha consigliato alla nomenclatura democratica di ripiegare sulla figura "moderata" di Biden utile ad intercettare parte dell'elettorato repubblicano refrattario al tycoon newyorkese. Come nel 2016, sono stati confutati i sondaggi che accreditavano un gap incolmabile in favore di Biden con gli elettori che hanno sbugiardato le macchine statistiche e le loro profezie fondate sul pregiudizio. Il vero avversario di Trump è stato il virus cinese e gli effetti della pandemia che hanno accentrato l'attenzione e confinato, fino all'oblio, nel dibattito pubblico i successi conseguiti dall'amministrazione repubblicana. Tant'è che a Trump va riconosciuta una politica economica efficace nella riduzione, ai minimi storici, della disoccupazione e nella mitigazione della pressione fiscale.

Inoltre, in ambito internazionale gli va attribuito lo storico successo dell'accordo fra Israele e i paesi del Golfo, contraddicendo lo stereotipo del guerrafondaio. Nessuna guerra è stata dichiarata dagli Stati Uniti durante il mandato di Trump che, a differenza dei suoi predecessori, ha privilegiato la diplomazia e ridimensionato la presenza dell'Us Army in Iraq da circa 5.200 a 3.000 uomini. Trump voleva colpire la Cina tramite la Russia, Biden probabilmente manterrà una posizione critica con il Dragone ma privilegiando la sponda europea. Con l'Europa interlocutrice prediletta degli Usa, diventa prioritario per i sovranisti nostrani riposizionare il loro rapporto con Bruxelles, mantenendo le critiche sulle disfunzioni della governance nell'alveo della leale collaborazione, per accreditarsi come parte integrante di una strategia euro-atlantica in funzione anticinese.

Dai blog