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Beirut, la strage in Libano colpa dei giudici

Francesca Musacchio
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A Beirut, il giorno dopo le terribili esplosioni al porto, si contano i morti e i feriti. Il bilancio continua a salire, con più di 100 vittime accertate, oltre 4000 feriti e un numero imprecisato di dispersi, mentre almeno 300mila persone sono rimaste senza casa. Una città devastata, dove si cercano eventuali sopravvissuti tra le macerie e si indaga per capire con certezza cosa ha causato l’incidente.

Le ipotesi in campo sono tante, ma il faro è puntato sulla presenza di un enorme quantitativo di nitrato di ammonio, 2.750 tonnellate, secondo fonti libanesi, stipate nel magazzino 12, lì dove tutto avrebbe avuto origine. Il ministro degli Interni, Mohammed Fahmi, ha fatto sapere che la sostanza, usata come fertilizzante, era stata sequestrata nel 2004 ad una nave mercantile. Da quel momento sarebbe stata stoccata nel porto in attesa che il tribunale libanese competente ne autorizzasse la distruzione. Ma dal momento del sequestro il nitrato è rimasto nello stesso magazzino e ieri potrebbe aver concorso a provocare l’esplosione. Ora si dovrà chiarire anche l’aspetto del mancato spostamento e capire anche se ci sono state negligenze nella gestione del deposito. Forse la tragedia si sarebbe potuta evitare. Probabilmente sulla base di questa convinzione, le autorità portuali sono finite ai domiciliari. Mente il capo della dogana accusa chi avrebbe dovuto spostare il nitrato: “La mia agenzia ha ripetutamente chiesto che il nitrato di ammonio venisse rimosso dal porto, ma ciò non è accaduto: lasciamo agli esperti determinarne i motivi”. Questa pista, dunque, porterebbe verso l’incidente causato da negligenza e imperizia. 

Ma nell’intricata vicenda del panorama politico libanese, nelle ultime ore si è fatta strada un’altra ipotesi dai profili inquietanti: l’incendio sarebbe stato appiccato da un commando legato a Hezbollah per poi attribuire la responsabilità a Israele. Secondo alcune fonti, un gruppo di quattro persone avrebbe appiccato il fuoco nell’area del magazzino 12, senza sapere che all’interno era custodita una quantità enorme di nitrato di ammonio e scatenando così un inferno di fiamme che ha colpito mezza città. 

Alla base di questa ipotesi ci sarebbe la volontà, evidentemente di Hezbollah, di denunciare l’aggressione israeliana a pochi giorni dall’attesa sentenza sull’omicidio dell’ex presidente libanese, Rafiq Hariri, che vede implicati proprio quattro membri del partito sciita appoggiato dall’Iran. 

E mente resta in piedi anche l’ipotesi di un attentato, il governo ha dichiarato lo stato d'emergenza per due settimane dando ai militari pieni poteri. L’emergenza in questo momento è anche e soprattutto sanitaria. Tre ospedali sono andati distrutti a seguito dell’esplosione e i danni materiali ammontano a circa tre miliardi di dollari. Una cifra impressionante per un Paese già pesantemente compromesso dalle vicende politiche legate al conflitto con Israele e non solo. La grave crisi che il Libano dovrà affrontare, ha portato il primo ministro, Hassan Diab, a lanciare un appello a tutti i Paesi: "Stiamo assistendo a una vera catastrofe”, ha dichiarato. 

E alcune risposte sono già arrivate. La Francia ha annunciato di aver inviato a Beirut un distaccamento di sicurezza civile e "diverse tonnellate di materiale sanitario”, oltre che medici di emergenza che arriveranno in Libano quanto prima. 

Anche l’Unione europea “ha attivato il meccanismo di protezione civile in seguito alla richiesta delle autorità libanesi, e coordinerà l'invio urgente di 100 pompieri altamente qualificati, con veicoli, cani ed attrezzature specializzate nella ricerca e salvataggio in zone urbane. Lavoreranno con le autorità libanesi per salvare vite”. 

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