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Battisti, il Brasile firma l'estradizione. Ma di lui non c'è traccia

L'ex terrorista condannato in contumacia per quattro omicidi

Carlo Antini
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Il presidente brasiliano, Michel Temer, ha firmato il decreto di estradizione per Cesare Battisti, che però resta irrintracciabile da giovedì, quando il giudice della Corte Suprema, Luiz Fux, ha emesso il suo ordine di arresto. Intanto, nella tarda serata di venerdì, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha scritto al Capo dello Stato brasiliano per ringraziarlo per la "determinazione della Sua decisione, che contribuisce a rendere giustizia alle vittime dei reati gravissimi per i quali Cesare Battisti è stato condannato e allo Stato italiano". Dell'ex militante non c'è traccia: la stampa locale riporta che a Cananeia, la cittadina sulla costa dello Stato di San Paolo dove vive, non si vede da martedì, e intanto l'avvocato annuncia un ricorso. La partita per Battisti si riapre quando mancano pochi giorni dall'insediamento alla presidenza del leader di estrema destra Jair Bolsonaro, che del sì all'estradizione ha fatto una promessa elettorale. "Conta su di noi", ha twittato Bolsonaro al vicepremier Matteo Salvini, che poco prima aveva detto che avrebbe reso "grande merito al presidente Bolsonaro se aiuterà l'Italia ad avere giustizia, "regalando" a Battisti un futuro nelle patrie galere". La polizia federale afferma che Battisti è "in un luogo sconosciuto" ma al momento non viene considerato un fuggiasco, scrive la testata brasiliana Globo, spiegando che delle ricerche di Battisti si stanno occupando tanto la polizia federale brasiliana quanto quella dello Stato di San Paolo. Secondo G1, una squadra di agenti si è recata nella casa di Battisti intorno alle 9 di stamattina, ma la casa era chiusa. "Abbiamo informazioni secondo cui stava costruendo un'altra casa in città e stiamo cercando Battisti in diversi luoghi: se lo troviamo andremo dalla polizia federale", ha spiegato il funzionario della polizia locale Tedi Wilson de Andrade. L'avvocato dell'italiano, Igor Tamasauskas, dice di non sapere dove si trovi il suo assistito. "Ho cercato di sentirlo ma ancora non ci sono riuscito. L'ultimo contatto che ho avuto con lui è stato all'inizio di dicembre", ha detto ai microfoni di 'Un Giorno da Pecora' su Rai Radio1, annunciando che "stiamo preparando un ricorso, perché a prescindere se sia giusta o no questa decisione c'è la precedente decisione dell'allora Presidente Lula, 8 anni fa, di non concedere l'estradizione". L'ex membro dei Proletari armati per il comunismo (Pac), 63 anni, è stato condannato in Italia in contumacia all'ergastolo nel 1993 per avere commesso due omicidi e avere partecipato ad altri due, tutti compiuti negli anni di piombo. Dopo un'evasione dal carcere di Frosinone nel 1981 è fuggito prima in Francia, poi in Messico, poi di nuovo in Francia dal 1990, infine nel 2004 in Brasile. Qui è stato arrestato nel 2007, ma nel 2009 gli fu concesso asilo politico. Il 31 dicembre del 2010 l'allora presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, nel suo ultimo giorno di mandato, bloccò l'estradizione con un decreto, portando alla liberazione di Battisti (al quale fu dato un visto permanente) e determinando l'ira dell'Italia. È su questa decisione di Lula che continua a fare leva la difesa. L'ultimo arresto risale a ottobre del 2017 vicino alla frontiera con la Bolivia; allora l'accusa era di violazione delle norme sulle valute straniere e riciclaggio di denaro, perché trovato in possesso di una consistente somma di valuta straniera non dichiarata, ma il rilascio giunse poco dopo.

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