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Bagno di folla per Erdogan a un anno dal fallito golpe: taglieremo la testa ai terroristi

Davide Di Santo
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Bagno di folla per il presidente turco Recep Tayyip erdogan a un anno dal tentativo di golpe per destituirlo. Il leader ha tenuto un discorso nei pressi del ponte sul Bosforo dove 12 mesi fa furono uccise 36 persone dall'esercito nel tentativo di colpo di Stato. Davanti a milioni di persone che hanno invaso le strade, Erdgan ha promesso: "taglieremo le teste" dei traditori. "Quelli che combattono per la patria andranno in paradiso", ha detto poi citando il Corano. Ai martiri del golpe oggi è stato dedicato un monumento. Un anno dopo il fallito colpo di stato, in Turchia resta in vigore lo Stato di emergenza, 50mila persone sono in carcere in attesa di processo, 150mila sono state licenziate dal lavoro. La distanza dall'Unione europea è aumentata e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha stretto la sua presa sul potere, con un referendum in cui ha aumentato i poteri del proprio incarico. La tensione con i separatisti curdi del Pkk si è trasformata in un vero conflitto militare nell'est, il dissenso viene zittito, molti media critici verso il governo sono stati chiusi, giornalisti e attivisti arrestati. IL GOLPE Intorno alle 22 del 15 luglio 2016, aerei da guerra volarono su Ankara e carri armati comparvero nelle strade della capitale e di Istanbul. I militari bloccarono i ponti sul Bosforo, poi entrarono nel palazzo della radio e della tv di Ankara, dove un conduttore fu costretto a leggere una dichiarazione che affermava la Turchia fosse sotto il controllo delle forze armate. Erdogan, in vacanza nel resort di Marmaris, fece appello alla popolazione perché scendesse nelle strade contro i golpisti. Lui fuggì e il tentativo di sequestrarlo fallì. Intanto, i jet da guerra bombardarono il Parlamento e soldati aprirono il fuoco all'interno. All'alba i primi militari cominciarono ad arrendersi. Il bilancio fu di 249 morti e 2.299 feriti tra i cittadini. GULEN E LE PURGHE Il governo attribuì la responsabilità al religioso in autoesilio negli Usa, Fethullah Gulen, un tempo alleato di erdogan, poi suo rivale. Secondo l'Akp a orchestrare il golpe furono i suoi sostenitori, membri di quella che da Ankara viene definita una "rete terrorista" radicata nelle istituzioni statali. Per questo, le purghe: 200mila persone sono state arrestate o licenziate, tra cui poliziotti, dipendenti pubblici, soldati, insegnanti, accademici, giudici, giornalisti (fra cui i vertici di Cumhuriyet e quasi 50 reporter di Zaman, che è stato chiuso). Gli ultimi licenziamenti il 14 luglio, alla vigilia dell'anniversario, quando sono stati rimossi dai loro incarichi 7mila poliziotti, funzionari e accademici. UE PIU' LONTANA Dopo il fallito golpe, Erdogan con un referendum ha ottenuto "superpoteri" come presidente, restringendo quelli del Parlamento e concentrando nelle sue mani quelli dell'esecutivo (senza premier), con l'obiettivo di restare al potere sino al 2029. Ha anche promesso di reintrodurre la pena di morte, abolita nel 2004, mossa che sancirebbe la fine dei negoziati di adesione all'Ue iniziati nel 2005 (e sostanzialmente fermi). Un punto decisivo nell'ampliamento della frattura con l'Ue, cui ha contribuito anche la tensione legata ai requisiti - per Bruxelles non soddisfatti - per la liberalizzazione dei visti, condizione che Ankara ha legato all'accordo sui migranti.

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