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Just Eat, rider licenziati in massa: esplode il caso in Gran Bretagna

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Pietro De Leo
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C’è un dato di cronaca apparentemente secondario, ma che si innesta in quel quadro di quell’’economia fondata sul digitale. Ed è il taglio di quasi 1900 posti di lavoro che la multinazionale di consegne a domicilio Just Eat ha pianificato nel Regno Unito. Per quanto le imprese appartengano a sfere diverse, possiamo ricollegare questa riduzione della forza lavoro alla crisi già in corso in Amazon e in Meta, multinazionali costrette, anch’esse, ad operare dei tagli nella forza lavoro.

Alla base di questo può esserci l’erronea previsione su come sarebbe cambiato il mondo dopo il Covid. La convinzione di un maggior radicamento sociale all’interno del confine domestico, con rinuncia ai luoghi collettivi, che siano un centro commerciale o un ristorante. In particolare, per quanto riguarda Just Eat il tema è proprio questo, e lo mette nero su bianco un articolo pubblicato sul sito della BBC: nel 2022 l’azienda ha visto un calo del 9% dei clienti, e un ritrovato afflusso in pub e locali.

C’è però un aspetto che riguarda, in particolare, l’organizzazione del lavoro dell’azienda. Just Eat, infatti, ha promosso e attuato l’assunzione dei riders come lavoratori dipendenti. Una vera e propria scelta in controtendenza rispetto ai competitors, adottata peraltro anche in Italia. Nel nostro Paese, infatti, Just Eat ha siglato un accordo aziendale con Cgil, Cisl e Uil, prevedendo l’assunzione a tempo indeterminato dei propri operatori. Quanto accaduto in Regno Unito pone l’accento su una questione fondante, ossia la sostenibilità del rapporto di lavoro dipendente con la fattispecie dei riders e in un’economia “uberizzata”.

Sostenibilità che nel caso britannico ha evidentemente mostrato i suoi limiti, anche per quanto riguarda un aspetto meramente pratico. E’ difficile che lo schema di rapporto di lavoro subordinato possa ben incardinarsi nell’architettura della “on demand economy”, fondata su prestazioni eseguite in base all’esigenza del consumatore, in continua variazione di intensità ed orari e gestite attraverso una piattaforma. Viene da chiedersi cosa accadrà in Italia, dove ben sappiamo quanto sia alto il costo del lavoro, con un cuneo fiscale circa una decina di punti più alto rispetto alla media nell’area Ocse. Dopo la notizia giunta Oltremanica, l’azienda ha rilasciato una dichiarazione in cui assicura: “In Italia, continuiamo a sostenere il nostro modello di delivery con rider dipendenti e abbiamo in programma di implementarlo in più città italiane e in tutta l’Europa continentale”. Tuttavia, il tema della compatibilità oggettiva tra il lavoro di rider e l’assunzione a tempo indeterminato, di cui la sinistra ha fatto una propria bandiera, in futuro si porrà con forza.

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