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Bankitalia stronca il Superbonus: "Costi incerti e fa aumentare il debito"

Filippo Caleri
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Se mai si fosse dubitato, la Banca d’Italia ieri ha messo il suo timbro sulla certificazione del costo insostenibile per la collettività del Superbonus. Gli effetti di crescita ci sono stati. Ma il costo rispetto al beneficio è eccessivo ha spiegato Giacomo Ricotti, capo del Servizio assistenza e consulenza fiscale della Banca d’Italia, nel corso dell’audizione in Commissione Finanze del Senato sugli strumenti di incentivazione fiscale, dunque sulla intera gamma di bonus fiscali che lo Stato concede a imprese e famiglie.

«Tenendo conto delle imposte e dei contributi sociali versati a fronte dell’aumento dell’attività del settore, gli oneri della misura Superbonus, per il bilancio pubblico, restano comunque ingenti; sulla base di prime valutazioni, questi oneri netti hanno avuto un profilo crescente nel biennio, riflettendo la forte accelerazione nel ricorso alla misura» ha detto Ricotti. Insomma il costo c’è ed è anche pesante, smentendo le tesi grilline che davano la misura a saldo positivo per le casse del ministero dell’Economia. E non è onere di cui non tener conto considerando che il debito pubblico italiano continua a essere un macigno sullo sviluppo e la crescita. «Il livello del debito pubblico, infatti, è alto sia in prospettiva storica sia nel confronto internazionale. Benché ridottasi in rapporto al Pil nell’ultimo biennio, nelle più recenti stime ufficiali a fine 2022 resterebbe comunque prossimo al 145 per cento del Pil» ha chiosato il dirigente di Palazzo Koch.

E c’è poco da scialare sul versante degli impegni di bilancio finanziati a debito considerato che «la sua dinamica futura risentirà degli andamenti attesi della spesa sociale, prevista in crescita per effetto dell’invecchiamento della popolazione; dei tassi di interesse, in graduale salita con la necessaria normalizzazione della politica monetaria; del ritmo della crescita economica, contenuto tanto dal calo della popolazione attiva e totale, quanto da una ancora insoddisfacente dinamica della produttività» ha osservato Via Nazionale. Che ha identificato anche il vulnus del 110 per cento di ideazione grillina. E cioè l’automatico riconoscimento degli incentivi che, in assenza di qualsiasi forma di controllo preventivo, «porta con sé il rischio che le misure siano utilizzate in modo improprio (ad esempio in assenza dei relativi presupposti) se non fraudolentemente, e questo anche a prescindere dalla forma in cui vengono attribuite (crediti d’imposta, deduzioni o detrazioni)».

E l’esperienza può essere utile per futuri interventi. «Un potenziamento nella fase iniziale, sia pure a scapito di un riconoscimento meno snello delle agevolazioni in capo ai beneficiari, andrebbe valutato nel disegno di nuove misure agevolative, soprattutto per quelle di entità più significativa; una serie di presìdi a monte, di semplice applicazione, possono aiutare anche ad evitare onerose attività di controllo ex post, che contribuiscono a generare incertezza per gli operatori».

E anche se un intervento di riordino che restituisca coerenza e razionalità al sistema dei bonus fiscali appare non più rinviabile secondo Bankitalia, miglior sorte hanno avuto altri incentivi varati dai precedenti governi. Come quello per la cessione di Npl, introdotto nel 2020, che ha offerto un contributo significativo alla gestione e alla riduzione dei crediti deteriorati accumulati dopo le crisi finanziarie. Così come le misure per gli investimenti delle imprese si sono rivelate molto efficaci per stimolare la crescita e l’ammodernamento del capitale produttivo. Un esempio rilevante è costituito dal super e iper-ammortamento. Secondo le valutazioni degli uomini di Visco hanno fornito «un impulso all’accumulazione di capitale produttivo complessivamente pari a 3,5 punti percentuali nel triennio 2016-2018».

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