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La riforma del catasto 2021 è solo il casus belli della guerra sul Fisco

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Arnaldo Magro
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Per noi la prima casa è sacra, com’è sacra la famiglia. Per questo aboliremo l’ICI. Avete capito bene! A-bo-li-re-mo l’ICI su tutte le prime case, e quindi anche sulla vostra”. 3 aprile 2006, secondo e ultimo round del faccia a faccia elettorale tra Silvio Berlusconi e Romano Prodi. Nello studio asettico, tutto bianco, reso imparziale dalla par condicio Bruno Vespa arbitra un duello televisivo nervoso, a tratti confuso. In quello studio della RAI il Cav aveva trovato nell’appello finale il sorriso dei tempi migliori, quello del grande comunicatore, quello del “meno tasse per tutti” dell’ondata anti-statalista del 1994 e del 2001 che lo aveva portato a Palazzo Chigi a furor di popolo. Nel mirino c’era l’odiata Imposta Comunale sugli Immobili, l’ICI.

Questa premessa spiega la ritrovata unità del centrodestra di questi giorni sul CATASTO. Parola che agli italiani evoca, non sempre a ragione, archivi polverosi e grigi funzionari. “Non siamo mica impiegati del catasto” disse una volta un famoso allenatore di calcio profeta della zona e le organizzazioni di categoria, s’incazzarono di brutto. Il fatto è che catasto evoca nel cittadino comune la parola “Stato” e subito quella più amara di tutte: “tasse”. Ecco perché il centrodestra ha ritrovato una sua unità d’intenti nel no alla riforma del catasto che il governo e la parte più sinistra della maggioranza vorrebbero mettere presto nero su bianco. La revisione comporterebbe con tutta probabilità un inasprimento dell’IMU, dell’Irpef e delle tasse di compravendita immobiliare.

Nel mirino entrerebbero subito 5 milioni e mezzo di abitazioni qualificate come seconde case: rivalutandole del 20%, ad esempio, lo Stato ricaverebbe un extra-gettito IMU di 5 miliardi, passando da 26 a 31. Potrebbe scatenarsi uno tsunami fiscale che rischierebbe di travolgere anche le prime case. Argomento molto sensibile per 25 milioni e mezzo di proprietari immobiliari. Le tasse sul mattone sono solo un casus belli di un conflitto molto più grande: quella riforma fiscale che ci “suggerisce” di fare e pure alla svelta, Mamma Europa. Con il Pd, socio di maggioranza del governo, la partita rischia però di essere molto dolorosa, per gli italiani.

Enrico Letta ha bisogno in fretta, di battere un colpo, di portarsi a casa un risultato perdonale da rivendicare voi suoi. O rischia di arrivare a fine semestre bianco, sfrattato una seconda volta, da quel Nazareno che non lo ha mai considerato davvero come il vero “padrone di casa”.

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