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Nonno (Open Fiber): "Serve meno burocrazia per il digitale"

Banda ultralarga

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«Per colmare rapidamente il digital divide dell’Italia servono incentivi per migrare alla migliore tecnologia e una drastica riduzione della burocrazia». Francesco Nonno, Direttore Regolamentazione di Open Fiber , guarda al futuro con ottimismo: «Operiamo con l’obiettivo di rimanere i leader indiscussi della fibra ottica in Italia». 
Open Fiber opera da 4 anni per portare la fibra ottica tanto nelle grandi città quanto nei piccoli comuni a che punto siete?
«Open Fiber ha un piano per raggiungere in sette anni circa 19 milioni di unità immobiliari, metà nelle grandi città e metà nei piccoli comuni, con un investimento complessivo di circa 7 miliardi. Dopo 4 anni abbiamo già investito quasi 4,5 miliardi di euro, siamo in linea con il nostro piano ed abbiamo raggiunto circa 11,5 milioni di unità immobiliari: a oggi la commercializzazione è aperta in oltre 2.000 comuni sia nelle grandi città che nelle aree bianche. L’azienda è ormai stabilmente e irreversibilmente il primo operatore in Italia sia per copertura che per clienti Ftth ed è il terzo operatore in Europa per estensione della copertura Ftth. Grazie alla nostra iniziativa in Italia si è ricominciato ad investire in infrastrutture in fibra ottica».
Il digital divide è però ancora una realtà in alcune zone d’Italia quali sono i prossimi passi? Su quali aree bisogna concentrarsi?
]«Entro il 2023 circa due terzi del Paese saranno raggiunti dall’infrastruttura di Open Fiber. Resteranno da coprire la maggior parte delle aree grigie per le quali il governo ha previsto di integrare gli investimenti privati (la stessa Open Fiber prevede di coprire autonomamente, entro il 2024, circa 1 milione di unità immobiliari in queste aree) con le risorse pubbliche del Recovery Fund, in modo da completare il Piano Italia 1 Giga. Si tratta di zone in cui si trovano la maggior parte dei distretti industriali italiani, che necessitano di essere connessi con infrastrutture moderne per farsi trovare pronte per la ripresa economica attesa a valle della pandemia. Tra le aree grigie, andrebbe data priorità alle aree ad alta vocazione industriale, per consentire di cogliere quanto prima gli effetti del ciclo economico positivo atteso».
È sufficiente arrivare con la connettività nelle unità immobiliari per una piena digitalizzazione del Paese o servono anche altre leve?]
«Portare la rete in fibra nelle case degli italiani non è sufficiente. Per colmare il digital divide e rendere effettivo un diritto universale di accesso a Internet servono anche politiche di migrazione accelerate dal rame alla fibra. Il governo ha già introdotto alcune iniziative per favorire la migrazione utilizzando voucher per azzerare i costi di migrazione verso le reti ultra broadband. Tuttavia, i fondi della prima fase sono andati per la stragrande maggioranza, circa il 76%, a un solo operatore, generando effetti distorsivi della concorrenza. A breve, partirà la seconda fase che ci auguriamo possa ampliare al massimo la platea dei beneficiari andando al contempo a finanziare le tecnologie più performanti, cioè Ftth o equivalenti. È infatti impensabile che, in questa seconda fase, i fondi pubblici possano finanziare l’abbonamento a tecnologie in fase di superamento come quelle che ancora utilizzano il rame. Il mantenimento della precedente impostazione sarebbe in contraddizione con gli obiettivi del Piano Italia 1 Giga che il Governo sta definendo».
La vostra rete Ftth arriva nelle case anche nelle aree più remote, le cosiddette aree bianche?
«Sì, anche nelle aree bianche la rete Ftth arriva nelle case, ma gli ultimi metri sono realizzati solo al momento della richiesta del collegamento finale, per evitare di collegare unità immobiliari non abitate, che in queste zone sono estremamente numerose. Per gli ultimi metri non si utilizza alcuna risorsa pubblica ma vengono finanziati privatamente da Open Fiber, che poi richiede un prezzo per la prima connessione, la cui consistenza è verificata da AGCom. Le prime attivazioni del servizio richiedono un tempo maggiore di quello standard, ma le successive migrazioni avvengono in tempi estremamente rapidi. Si tratta di un modello analogo a quello utilizzato in Francia, dove però la rete si ferma inizialmente a una distanza dalle abitazioni maggiore rispetto all’Italia». 
Quali sono gli ostacoli allo sviluppo della rete?
«Il roll-out della rete procede rapidamente nelle aree nere: in quattro anni abbiamo realizzato in queste zone connessioni fino alle case per 7 milioni di abitazioni su un target di 9,5 milioni, quindi siamo a oltre due terzi del percorso. Nelle aree bianche, la velocità di realizzazione della rete è risultata meno rapida in quanto dobbiamo seguire le regole di diritto pubblico del codice appalti, inoltre, ci sono spesso tempi molto lunghi per il rilascio di permessi da parte dei numerosi enti coinvolti, in media fino a 250 giorni. Anche con queste difficoltà operiamo con l’obiettivo di rimanere i leader indiscussi della fibra ottica in Italia».
 

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