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Il rapporto Civ sulle pensioni condanna la Fornero. La sua legge ha penalizzato solo le donne

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Inps e previdenza

Filippo Caleri
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Sono le donne italiane le più colpite dalle riforme pensionistiche introdotte dal duo Monti-Fornero. Nonostante le  lacrime della seconda, nel presentare il cambio di regime per uscire dal lavoro, il pianto accomuna da 8 anni il restante universo femminile. Ovvero tutte le lavoratrici che hanno visto allontanarsi più degli uomini la linea del traguardo per uscire dal posto di lavoro.  A dirlo è il Civ, il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, secondo il quale le scelte fatte in nome dei risparmi hanno generato nuove disuguaglianze di genere. Ma anche in questo caso a pagare il prezzo maggiore sono state le donne. Ecco perché.  Dal 2019 l’età per accedere alla pensione di vecchiaia è passata a 67 anni per tutti. Ma dal 2012 al 2019 vi è stato un salto di età per l’uscita di ben 5 anni per le lavoratrici dipendenti private, di 3,4 anni per le lavoratrici autonome e di un anno per le lavoratrici dipendenti dei settori pubblici (per le quali l’età era stata aumentata in precedenza da 60 a 66 anni).  Le conseguenze sono state care proprio per il sesso femminile. Per quelle nate nel 1952 l’accesso alla pensione di vecchiaia si è trasformato in una corsa ad ostacoli,  Il risultato è che, sempre secondo il Civ,  tra il 2012 e il 2019, nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti (Fpld) sono state liquidate 422.195 pensioni di vecchiaia, di cui 206.921 in favore delle donne, e 215.274 in favore degli uomini, con un rapporto di 0,8 a 1 che costituisce un’inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti il 2012. Insomma  le donne tradizionalmente favorite nell'accesso alla pensione sono rimaste al palo rispetto ai maschi. Togliendo ai giovani una parte importante di welfare familiare spesso svolto proprio dalle mamme che lasciavano il posto presto e dunque ancora in forze.

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