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Comparto fieristico in crisi nera e il governo non muove un dito

Massimiliano Lenzi
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Non ci siamo. Ha un bel dire il viceministro dell’Economia Antonio Misiani che le stime del governo sul calo del Pil sono inferiori alle due cifre e che “la ripresa è in atto, lo vediamo da numerosi indicatori, e nel terzo trimestre ci sarà un rimbalzo molto importante”. Lo vada a spiegare alle imprese ambulanti. Un settore in ginocchio. 183mila   imprese ambulanti, circa il 22% delle attività commerciali italiane, costituite per il 95% da micro imprese individuali. Gli addetti del settore sono 350mila e l’indotto è di altre 100mila persone per un volume d’affari che oscillava tra i 22 ed i 25  miliardi di euro.

 

Il verbo è al passato perché i dati ovviamente si riferiscono al 2019. Il 2020, con il Covid ed il lockdown infatti è stato una tragedia. In particolare il comparto fieristico è in pratica fermo da febbraio: si tratta di un comparto, all’interno del settore, che si distingue da quello dei mercati perché mentre questi ultimi sono stabili, le fiere sono itineranti ed i comuni italiani le hanno annullate tutte o quasi. In una lettera di alcuni giorni fa, dal titolo “emergenza annullamenti” firmata da Rossella Ramenghi, presidente nazionale CDA Fiere - Associazione fieristi no profit, tra le altre cose si legge: “Siamo a portare alla vostra attenzione la condizione di totale assenza di lavoro nella quale la nostra categoria staziona in modo costante dalla prima chiusura sanitaria di marzo ad oggi e che, stante gli annullamenti subiti tende a procrastinarsi a lungo. (..). Le fiere sul territorio italiano sono state annullate in data 7 marzo e nonostante i protocolli sanitari delle varie regioni - ad esempio le Marche - che ne prevedono lo svolgimento ogni comune a suo volere,  mediante semplici delibere, ne predispone l’annullamento, ignaro o forse disinteressato dalla compromissione dell’interesse legittimo degli operatori stessi. Va sottolineato, non per spirito di polemica ma per chiarire anche il modus operandi di tali amministrazioni, che negli ultimi casi ricorrenti, sia il comune di Fano che di Senigallia e di Pesaro, hanno annullato l’evento dopo averne dato conferma dieci giorni prima esigendo il pagamento della Tosap”. 

 

Noi de “Il Tempo” abbiamo sentito Giulia Posati, consigliere del CDA Fiere, che si occupa anche dei rapporti istituzionali all’interno dell’associazione. Lei spiega così quello che non va e cosa si dovrebbe fare per fare ripartire questo settore: “Le totali chiusure, a discrezione dei sindaci che decidono se svolgere o no le fiere hanno praticamente portato al blocco di queste. Quasi nessun sindaco - sottolinea la Posati - le sta autorizzando e questo per imprese individuali a partita Iva, che molto spesso campano intere famiglie, è un problema enorme. Tra l’altro il governo non ha elargito aiuti per queste categorie e le tasse sono ancora tutte in essere. Consideri che queste imprese individuali per poter lavorare devono avere il Durc in regola e perché ciò avvenga è necessario che siano rispettate le scadenze Inps e fiscali, quella dello scorso 20 agosto e adesso quella futura del 16 settembre, data di proroga del pagamento dell’Inps sospesa durante il lockdown. Come possono pagare se non lavorano? Servirebbe che il governo predisponesse delle norme chiare sulla organizzazione delle fiere, togliendo la discrezionalità ai singoli sindaci sul fare una fiera oppure no. E poi servirebbe anche un anno bianco fiscale, almeno fino al 2021. Perché ad esempio non hanno sospeso la Tosap per un anno agli ambulanti? Sarebbe stata una cosa buona e giusta”. 

 

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