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Addio pacchia, Bankitalia riapre

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Filippo Caleri
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Alla Banca d’Italia è finita l’era dello smart-working. Come anticipato da Il Tempo il 29 maggio scorso, il Governatore Ignazio Visco e i suoi dirigenti hanno iniziato a chiudere il capitolo del lavoro svolto da remoto per i dipendenti. Dal primo luglio le porte di Palazzo Koch si riaprono pronte ad accogliere, per ora, solo le figure di vertice, in attesa di un rientro graduale di tutto il personale. A siglare la fine del sogno di molti, di riuscire a passare i mesi più caldi senza stressanti viaggi sui mezzi pubblici, magari anche nella seconda casa al mare o in montagna se dotate di adeguata connessione, è stata una comunicazione identificata con il numero 0799047/20, firmata dal segretario generale che ha imposto a tutte le posizioni manageriali anche apicali, il ritorno alla scrivania per agevolare un percorso di graduale ripresa del lavoro in presenza. Per questo spiega la nota «è importante che le direzioni delle strutture e delle unità di base assicurino la loro presenza in banca in modo più continuo rispetto a quanto sperimentato nella fase emergenziale».

Pertanto, dal primo luglio, rientreranno in ufficio i capi delle strutture e delle unità di base, eventualmente alternandosi con i rispettivi sostituti o con altro collega delegato. Un inizio, che doveva pur arrivare, per tornare alla normalità ma che a giudicare dalle reazioni dei sindacati interni non è piaciuta per niente. Perché tornare ora si chiedono le organizzazioni dei lavoratori. «Per evitare le sconsiderate reprimende di un giornale che conta pochi lettori? O per la paura che le colleghe e i colleghi possano lavorare, con diligenza e straordinaria dedizione, in condizioni gradevoli, vicini alle proprie famiglie?» recita il volantino della Falbi. Che argomenta l’inutilità della scelta perché chi dovrà rientrare in ufficio dovrà restare chiuso nella propria stanza, continuare a interagire con tutti gli altri colleghi via email, o in collegamento telefonico o via Skype, molto probabilmente non potrà usufruire della mensa, dovrà evitare l’uso degli ascensori incontrare i colleghi in presenza indossando la mascherina, in estate e in ambienti in cui l’aria condizionata non sempre potrà essere utilizzata. Non solo.

Il rientro anticipato dei capi delle strutture «significa non conoscere il lavoro dei responsabili che proprio questo hanno fatto e stanno facendo, anche da remoto. Farlo da una stanza dell’ufficio, con il Pc a schermo grande, non produrrà certo maggiore efficienza» ha chiosato la First Cisl per la quale la scelta avrebbe una motivazione recondita. Quella di una Banca d’Italia stile ancien regime che, attraverso la coercizione dei capi, punta a stimolare al ritorno in ufficio anche tanti altri volontari. Con un rischio preciso, però. Se i volontari saranno più del previsto ci si potrebbe trovare di fronte «a un flusso di persone presenti negli uffici variabile, non programmabile su base generale, con evidenti criticità relative alla gestione della sicurezza». Insomma era meglio evitare. Ma la sigla Dasbi si è spinta oltre e ha scomodato anche la psicologia per provare a disinnescare il possibile rientro nelle sedi fisiche: «L’amministrazione sta quindi dimostrando che senza il tintinnio dei tornelli non resiste più, impazzisce. E forse a Palazzo Koch l’eco dei passi nei corridoi vuoti dà a qualcuno un senso di panico e smarrimento». Qualcuno ha imbastito una difesa legislativa commentando la sorpresa dell’anticipazione rispetto alla fine dello stato d’emergenza previsto il 31 luglio. Quasi una forzatura normativa che mal si accorderebbe con il rigore dell’istituzione. Ma non c’è nulla da fare. Chi vuole può tornare. Chi non vuole e si vede costretto a farlo non può far altro che ingoiare il boccone amaro e applicare le regole minuziosamente. Come? Segnalando la mancanza della rigida applicazione dei protocolli sanitari e l’insufficiente dotazione di dispositivi sanitari, ma anche «ogni indebita pressione per ottenere la presenza a lavoro al di fuori delle attività censite come necessarie» e le forzature sui piani ferie. Resistenza silenziosa, in altre parole. Hai visto mai che Visco ci ripensasse. Per ora però la festa pare finita anche per un attimo l’illusione che potesse continuare c’era stata. Il 29 maggio scorso il governatore Visco nella sua Relazione aveva detto: «Durante la pandemia sono state massimamente sfruttate le modalità di smart working, con effetti potenzialmente duraturi sull’organizzazione del lavoro, soprattutto per le mansioni impiegatizie e quelle intellettuali (...) Questi sviluppi, se opportunamente regolati, possono avere effetti positivi in termini di conciliazione tra i tempi di lavoro e le esigenze familiari». Solo teoria. Nella pratica si rientra al lavoro.

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