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Sulla manovra il governo tira dritto. Show di Savona, bacchetta anche Di Maio e Salvini

Il ministro per i Rapporti con l'Europa Paolo Savona

Il "no" dell'Ue spaventa i mercati. E Fico va a Bruxelles

Silvia Sfregola
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Governo diviso fra incendiari e pompieri sulla scia delle polemiche suscitate nell'Unione europea dalla manovra italiana. Se da un lato l'asse di ferro tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio corre lungo lo scontro duro con l'Ue, dall'altro il tecnico Paolo Savona butta acqua sul fuoco: nessuno in questo governo intende uscire dall'Europa. «I mercati si sono comportati moderatamente, noi stessi ci aspettavamo altro», ammette in un impeto di sincerità. A preoccupare è piuttosto lo scontro politico nell'Unione fra «èlite conservatrici e forze innovative». I due vicepremier, l'uno a Roma e l'altro a Bruxelles, non hanno dubbi: dietro allo spread schizzato ad oltre 300 punti base c'è lo zampino degli speculatori o di qualche commissario Ue. Il governo, in ogni caso, tira dritto. «L'Italia non farà la fine della Grecia», Salvini dixit. Quindi sì a flat tax, reddito di cittadinanza e quota cento. La legge di Bilancio va avanti nonostante il rosso di piazza Affari e sebbene il rapporto Btp-Bund chiuda in rialzo a 303. Il leit-motiv dell'esecutivo è sempre lo stesso, coniugato secondo le diverse sensibilità giallo-verdi. Per Salvini, «il diritto al lavoro e alle pensioni viene prima» dello spread. Secondo Di Maio «se si mette in contrapposizione il mercato con i diritti dei cittadini, il mercato perde sicuro». Il ragionamento pentaleghista in fondo è semplice: o l'Unione europea sceglie la flessibilità per favorire la crescita o tradirà se stessa, con quali conseguenze ancora non si sa. Declinata in modo 'soft' dall'economista prestato agli Affari europei o nella versione 'strong' di Salvini, la sostanza non cambia. «I nemici dell'Europa - spiega il leader leghista - sono quelli che sono asserragliati nel bunker di Bruxelles, quei Juncker e Moscovici che hanno portato precarietà e paura in Europa e si rifiutano di mollare la poltrona». Riguardo allo scontro politico in atto in Europa, Di Maio sceglie il complottismo: «In tutti questi giorni, quando i mercati non avevano raggiunto il 300 di spread, c'era qualche commissario che cominciava a sparare contro la manovra italiana...». Mentre giudica «singolare» il tempismo dell'intervista del presidente del Fondo salva Stati Klaus Regling, che annuncia un rischio spread sulle banche italiane. Il capo del M5S si dice comunque fiducioso che con un proficuo dialogo mercati e Ue «capiranno». Diverse però sembrano le intenzioni dentro allo stesso esecutivo. Il ministro per gli Affari europei si dice contrario ai sovranismi e derubrica 'l'internazionale sovranistà di Salvini-Le Pen a meri scopi «elettorali», discostandosi da quanto sembra avere in mente il ministro dell'Interno. Per Savona «la speculazione» dei mercati dopo la manovra è stata addirittura «moderata» e l'attenzione è da spostare piuttosto sulle elezioni europee del 2019 che starebbero dietro a tanti scontri verbali di questi giorni, in Italia quanto a Bruxelles. Di fronte alle «chiacchiere», Savona si dice «sordo» e ammette di non poter «impedire a nessuno di parlare». Ma se anche Salvini e Di Maio «possono essere intemperanti fuori», sono «perfettamente consapevoli della responsabilità di governo» calata sulle loro spalle, assicura. Con buona pace degli effetti concreti nelle tasche degli italiani già provocati dalle parole 'intemperantì dei due vicepremier.

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