Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

La Bce "ordina": via le Province

Da sinistra il presidente della Bce Mario Draghi e il premier Monti

  • a
  • a
  • a

La Banca Centrale Europea non perde di vista il cammino delle riforme strutturali fortemente consigliate all'Italia per ritrovare la crescita. Dopo aver apprezzato il rigore imposto a suon di tasse, le liberalizzazioni e le semplificazioni adottate a suon di decreti. E in attesa dell'arrivo in porto del cambio delle regole per il mercato del lavoro ha dettato ieri il nuovo fronte sul quale il governo Monti deve lavorare: la spending review va bene, ed è seguita con attenzione dall'Eurotower, ma la misura che manca ancora è l'accorpamento delle province considerata «l'unica,vera misura di taglio di costi della politica». Non sarà facile per il premier Monti. Combattere i particolarismi e le identità territoriali che si risvegliano quando si toccano organismi politici legati a porzioni del Paese non è così semplice come mettere imposte sui redditi degli italiani. Eppure anche la Bce ha detto stop all'inasprimento della pressione fiscale giunto a livelli senza precedenti e secondo i tecnici della Eurotower occorre ritrovare quello spirito costruttivo dettato dall'emergenza che, con gli spread a livelli mai visti nei 12 anni dell'euro, lo scorso novembre aveva fatto nascere il governo Monti. Oggi, infatti, «la sensazione - secondo quanto trapela - è che, finita l'emergenza, vi sia stato un po' di rilassamento e si rischi di perdere di vista lo spirito riformatore che animava la prima fase del governo». Certo, dall'Eurotower trapela soddisfazione per la decisione di mettere in costituzione la regola aurea del bilancio in pareggio. Ma - si ragiona ancora a Francoforte e fra i tecnici del Monitoring team che segue da vicino gli sviluppi in Italia - la lettera di Trichet chiedeva anche che il bilancio venisse portato in pareggio nel 2013 «principalmente attraverso tagli di spesa». Tutti sanno come è andata: la manovra ha fatto leva principalmente sulle entrate, a parte la riforma delle pensioni. Così nel faro di Mario Draghi c'è lo «spending review», la razionalizzazione delle spese dello Stato. All'Eurotower c'è grande aspettativa per «capire bene cosa c'è dentro». Ma nessuno alla Bce si nasconde che è stato sostanzialmente disatteso l'impegno ad abolire, o almeno accorpare, le province: una misura - si fa notare - che la Bce auspica più che mai, ora che la Spagna ha messo in luce il problema di un'eccessiva autonomia delle amministrazioni locali. Oggi in Italia, si dice infine «si tratterebbe dell'unico, vero taglio dei costi della politica, che in quanto tale riscuoterebbe successi presso l'opinione pubblica e produrrebbe risparmi incisivi». Di stime sui risparmi sono state fatte. Anche articolate secondo la gradualità dei tagli. Secondo uno studio dell'Istituto Bruno Leoni il risparmio nell'ipotesi estrema potrebbe arrivare a due miliardi di euro. Le Province già da parecchi anni hanno subìto dei ridimensionamenti nei trasferimenti statali. Ma queste minori entrate – ha spiegato Andrea Giuricin professore a contratto all'Università Bicocca di Milano e Fellow dell'Istituto Bruno Leoni – non si sono tradotte in risparmi sul personale (spese correnti) ma sulle opere da realizzare (spese in conto capitale). Nel primo caso, infatti, la sforbiciata ai costi è stata solo dello 0,1 per cento mentre nel secondo è stata del 28,4. «Di per sé – sostiene lo studio – questo indica una pesante inefficienza nel processo di riduzione della spesa, a meno che non si voglia sostenere che le Province stavano realizzando opere inutili. Se così fosse, comunque, l'argomento per la loro abolizione sarebbe ancora più forte. Se invece gli investimenti eliminati erano utili, allora risulta difficile, specie alla luce di questo intervento, sostenere che essi non potessero esser realizzati da altri soggetti. In ogni caso, appare sempre più chiaro che più passa il tempo e più le Province esistono unicamente allo scopo di mantenere le proprie stesse strutture». Facendo un po' di conti in tasca agli enti provinciali si scopre che – secondo gli ultimi dati disponibili, quelli del 2009 – il costo per la sola classe politica è di circa 140 milioni di euro. Eliminandone solo una trentina il risparmio totale potrebbe arrivare a 30 milioni di euro, una cifra abbastanza modesta. «I costi per amministrazione e controllo – spiega ancora l'Istituto Bruno Leoni nella sua ricerca – potrebbero essere eliminati totalmente se le funzioni provinciali fossero trasferite, secondo i casi, alle Regioni o ai Comuni. A tale costo è stato sottratto quello del personale, perché i dipendenti non possono essere licenziati, anche se molto probabilmente si tratta almeno in parte di un eccesso di organico difficilmente ricollocabile, viste le economie di scala che si produrrebbero accorpando le diverse funzioni. Comunque, almeno nel medio termine, si può immaginare una graduale riduzione del personale attraverso il blocco del turn-over».Ma a quanto ammontano i risparmi con le economie di scala? A circa un miliardo di euro, perché accorpare tutte le funzioni prevede una diminuzione delle spese in generale che potrebbe raggiungere il 10 per cento del totale. Fil. Cal.

Dai blog