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L'Italia in contanti per forza e abitudine

Distributore di benzina

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Siamo il Paese dei soldi contanti. Nonostante le limitazioni e le regole introdotte dagli ultimi governi bancomat e carte di credito ci trovano ancora diffidenti e per pagare ci affidiamo alle banconote. Per abitudine o – nel peggiore dei casi – per non essere rintracciati nelle operazioni finanziarie. Lo dice uno studio fatto dalla Cpp Italia, multinazionale inglese specializzata nella tutela delle carte di credito, in cui si racconta come in Italia il 90 per cento delle transazioni avviene ancora con denaro contante, mentre gli altri Paesi europei viaggiano su una media del 70 per cento. Alla faccia della restrizione introdotta dal governo Monti che introduce il limite massimo di mille euro per il pagamento in banconote. L'obiettivo – anche per contrastare l'economia in «nero» – dovrebbe essere quello di aumentare l'uso del «denaro di plastica». Invece in alcuni settori la prospettiva è esattamente opposta. Rischiamo infatti a breve di non poter più usare il bancomat quando dobbiamo fare il pieno di benzina. A meno che non superi i cento euro. Lo stop è dovuto a un braccio di ferro tra gli istituti di credito e i benzinai in seguito alla norma del decreto liberalizzazioni che ha ripristinato la gratuità dei pagamenti con carte di credito e bancomat sotto i cento euro già introdotta dal governo Berlusconi. Fino a oggi la percentuale veniva pagata direttamente dai distributori i quali però oggi, in virtù di quel decreto, non ne vogliono più sapere. E le banche, che non hanno intenzione di accollarsi tutti i costi dei circuito di pagamento, hanno già detto che toglieranno le convenzioni con i Pos. In particolare la Setefi, società del gruppo Intesa SanPaolo, ha mandato una lettera a tutti i suoi associati di rescissione del servizio dal prossimo 10 maggio. Giorno dal quale circa il 20 per cento delle pompe di benzina potrebbe essere costretta, se la situazione non si sbloccherà, a non accettare più i pagamenti con le carte. Mercoledì ci sarà un incontro tra l'Abi e i rappresentanti dei distributori di carburante che si preannuncia rovente. Il presidente nazionale di Figisc Confcommercio, Luca Squeri non intende arretrare di un millimetro. «Siamo contrari alle iniziative di alcuni istituti di credito che intendono aggirare la legge disdettando i contratti con i gestori – spiega – denunciando una maggiore onerosità del servizio e proponendo nuovi contratti con un canone mensile per i gestori che fanno uso del Pos». Al Governo e alle banche, sottolinea, «chiediamo il rispetto della volontà del Parlamento che è stata reiterata ad ottobre e a marzo». Nel caso contrario, minaccia, «siamo pronti ad azioni sindacali come lo sciopero delle carte di credito e denunce all'opinione pubblica». La categoria dei gestori, prosegue il presidente di Figisc, «è una categoria in crisi. La reintroduzione di commissioni o di un canone mensile sarebbero un altro danno alla categoria». Una «lotta» che rischia di disincentivare l'uso del «plastic money» proprio quando invece il governo vorrebbe aumentarlo. Una disaffezione verso le carte dovuta probabilmente anche al periodo di crisi durissima che stiamo attraversando. Infatti il trend di crescita dell'economia nei cosiddetti Paesi Brics e asiatici si rispecchia in un aumento del numero di «plastic cards» in circolazione. Se l'India ha superato tutti con un incremento percentuale (dal 2008 al 2010) superiore al 50% sfiorando i 246 milioni, in Cina la crescita del 34% ha fatto lievitare il numero delle carte di pagamento in circolazione verso l'astronomica cifra di 2,5 miliardi di pezzi. La crescita a doppia cifra c'è stata anche in Brasile (+ 22% - 628 milioni di carte), Russia (+ 21% a oltre 144 milioni di carte), Messico (+18,7% e 97,5 milioni di cards), Turchia (+ 12,4% a 116,8 milioni di carte) e Sud Africa (+9,7% e 57,8 milioni di carte). Il primo Paese dell'area euro per crescita del numero delle carte di pagamento è il piccolo Lussemburgo (+38,3%), davanti all'Irlanda che con un incremento del 13,8% si avvicina ai 6 milioni di carte in circolazione. Numeri assoluti ovviamente meno significativi. Nel periodo 2008-2010 sia il mercato francese sia quello inglese hanno invece registrato un calo del numero di carte in circolazione rispettivamente dell'1,5% e del 2%, con andamento altalenante in entrambi i Paesi. La difficoltà di alcune economie occidentali si manifesta anche nella diffusione delle carte di pagamento. In Spagna il calo maggiore (-7,3% a 73,4 milioni di carte) seguita da Grecia (-6,6% a 15,5 milioni di carte) e Portogallo (-4,5% a 19,6 milioni di carte). Situazione analoga nella maggior parte dei Paesi dell'Est: Romania (-7,2%), Bulgaria (- 5,9%), Lettonia (-3,6%), Estonia (-2,7%). La situazione è ribaltata se si esamina la reale diffusione delle carte di pagamento tra la popolazione. L'India, prima per incremento percentuale del numero di tessere, è ultima per diffusione procapite: se ne contano 0,29 per ogni abitante con più di 15 anni.

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