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Batosta in arrivo per i romani. L'Imu costa fino al 270% in più

Veduta dall'alto della capitale

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Quello della nuova tassa sulla casa per i romani rischia di diventare un vero e proprio bollettino di guerra. A fare i calcoli della stangata è il centro studi tributari Eutekne: nel passaggio dall'ICI 2011 all'Imu 2012 sugli immobili diversi dalle abitazioni principali, si registreranno incrementi medi del 148,73%, con punte del 272,76%, per i cittadini e le imprese romane. Sulle abitazioni principali di lusso che pagavano l'ICI sul 2011 l'incremento sarà del 68,55%. Senza dimenticare l'IMU da versare in misura pari al 77,28% dell'ammontare della rendita catastale, meno la detrazione di 200 euro e di ulteriori 50 euro per ciascun figlio a carico convivente under 26, sulle abitazioni principali non di lusso che sul 2011 erano esenti dall'ICI. E ancora l'IMU da versare addirittura in misura pari al 178,08% della rendita catastale, senza riconoscimento di alcuna detrazione, sulle abitazioni principali degli anziani che prendono la residenza in casa di riposo e su quella dei figli che risiedono negli immobili concessi loro in uso gratuito dai genitori, fattispecie entrambe che nel 2011 risultavano completamente esenti. Un massacro. O meglio, l'effetto combinato del significativo incremento dei moltiplicatori catastali stabilito dalla disciplina IMU e delle scelte compiute dal Comune di Roma sul fronte delle aliquote. Perché, mentre tutto il gettito relativo alle abitazioni principali è di competenza integrale del Comune, quello relativo agli altri immobili compete anche allo Stato che sui fabbricati diversi dall'abitazione principale incasserà il 65,30% dell'incremento medio di tassazione. Anche il Comune di Roma, tuttavia, contribuisce in modo interessato all'aumento, trattenendosene il restante 34,70%. Gli unici che non ci guadagnano in nessun caso dal passaggio dall'ICI all'IMU, e ci perdono anzi talvolta in modo esorbitante, sono dunque i cittadini e le imprese romane. Secondo l'analisi, gli incrementi più elevati si registrano per i possessori di negozi e botteghe (categoria catastale C/1) utilizzati direttamente dal proprietario nell'esercizio di attività commerciale (+ 272,76%); le abitazioni di persone fisiche concesse in locazione a canone agevolato (268,70%); i laboratori per arti e mestieri (categoria catastale C/3) utilizzati direttamente dal proprietario nell'esercizio di attività commerciale (+ 222,61%).I rincari sono però molto sostenuti ovunque e, fatta eccezione per gli edifici “pubblici” riconducibili alla categoria catastale B, mai inferiori al 70% circa. I più “tenui” riguardano infatti le abitazioni principali di lusso che già pagavano l'ICI sul 2011 (+ 68,55%) e le case sfitte da oltre due anni (+ 69,60%), dopodiché già si sale al + 81,71% di capannoni industriali e alberghi; per tutte le altre fattispecie, rincari mai inferiori al 100 per cento.Gli esperti sottolineano la scelta, sin qui adottata dal Comune di Roma, non soltanto di avvalersi della possibilità di incrementare, fino alla soglia massima consentita, l'aliquota IMU applicabile sui fabbricati diversi dall'abitazione principale, ma anche di farlo in modo assolutamente indifferenziato. Altri Comuni, ad esempio Udine, pur avvalendosi della possibilità di incrementare l'aliquota base dello 0,76% fino alla soglia massima dello 1,06%, hanno fatto un miglior uso dell'autonomia regolamentare che anche la disciplina IMU concede, seppure con qualche rigidità in più rispetto all'ICI, prevedendo aliquote differenziate, invece che un'aliquota unica per tutte le fattispecie diverse dall'abitazione principale. «Anche per quanto concerne la questione delle abitazioni non affittate degli anziani che prendono la residenza in una casa di riposo, stupisce il fatto che si senta spesso parlare della necessità di un intervento normativo», aggiunge il direttore di Eutekne, Enrico Zanetti. Ricordando che la disciplina istitutiva rimette alla potestà regolamentare dei Comuni la decisione in ordine alla sua equiparazione, quanto ad aliquota e detrazioni, alle abitazioni principali in cui il proprietario risiede effettivamente. Diverso il discorso invece per la mancata equiparazione alle abitazioni principali, ai fini IMU, delle case concesse in comodato gratuito ai parenti stretti che vi prendono la residenza: qui sarebbe in effetti necessario un intervento a livello normativo, non essendo più facoltà dei Comuni disporre assimilazioni alle abitazioni principali diverse da quelle espressamente previste dalla legge o comunque da essa espressamente rimesse alla potestà decisionale delle giunte locali. Intanto tocca al contribuente, per ogni immobile posseduto, calcolare in primo luogo l'imposta complessivamente dovuta e, in seconda battuta, calcolare pure quanto è di competenza dello Stato e quanto del Comune, evidenziando separatamente gli importi sul modello F24. «Una sorta di “possiedi un immobile, ma calcoli due” che può anche essere vista nell'ottica di un Fisco che, di fronte alle complicazioni, non lascia e orgogliosamente raddoppia”, evidenzia Zanetti.

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