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I tecnici pensino alla crescita prima che scopppi il caos

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Il governo di Mario Monti giura al Quirinale

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Pare che nella riunione del Pdl di ieri Silvio Berlusconi abbia rivolto dure accuse alla cura Merkel per l'Europa: «Ha già portato il disastro in Grecia e ora inizia a determinarlo in Spagna». Già, e dopo a chi tocca? All'Irlanda, al Portogallo, o magari all'Italia? Bentornato tra noi Cavaliere. È da tempo che diciamo che se il governo dei tecnici era (ed è) l'ultima spiaggia, sarà bene che i politici alzino lo sguardo dall'ombelico e si decidano ad occuparsi di problemi che si aggravano di giorno in giorno. E che si troveranno di fronte quando, tra un anno, dovranno ripresentarsi ai cittadini e proporre ricette difficili e non convenzionali, forse assumersi la responsabilità di decisioni storiche. Tutto il contrario, mentre il professor Monti fa il lavoro sporco, del tenersi buono il posto, ed immacolate mani e coscienze, più ogni tanto battagliare su legge elettorale e poltrone Rai, questioni di nullo interesse, oppure far quadrato intorno ai soliti privilegi come per le ex presidenze delle camere. Siamo un paese nel quale ogni giorno qualcuno si suicida: ieri una pensionata di Gela dopo che il governo le ha tagliato di 200 euro la pensione di reversibilità, che era di 800. Una settimana fa si è dato fuoco un muratore che deve al fisco 100 mila euro. Anche gli imprenditori si tolgono la vita. Oppure chiudono e portano via l'azienda. È una Italia che accomuna nella tragedia la pensionata, l'evasore fiscale, l'industriale. È anche un'Italia dalla quale stanno uscendo, destinazione Svizzera, 60 miliardi di euro: solo Emilio Fede poteva farsi beccare con la valigetta dei contanti. Un'Italia in cui pare ridursi tutto, tranne lo spread sempre oltre quota 300: cala l'occupazione, calano i redditi, cala il Pil. Cala il nostro umore. E cala il consenso verso la classe dirigente: i partiti certo, ma anche i tecnici. O si aspettano gli applausi? Qualche anno fa avremmo parlato di un'Italia sull'orlo di una crisi di nervi. Oggi lasciamo perdere le metafore cinematografiche e raccontiamo un Paese sul ciglio del vulcano. Che fare? Innanzi tutto ricominciare a trattare delle persone e dei loro problemi con il loro nome e con il rispetto che meritano. Vogliamo dirlo? Con umanità. «Esodati» è pessimo gergo ministerial-sindacale dietro al quale si celano 350 mila vicende individuali. Uomini e donne in carne e ossa sono anche gli anziani che affittano l'abitazione per pagarsi la casa di riposo: il governo ha pensato bene di tassarli con l'Imu sulle residenze secondarie, maggiorata del doppio. Al contrario si esentano le fondazioni bancarie, cioè gli azionisti deluxe di Intesa, Unicredit, Montepaschi e via elencando. Per la gente comune, invece, l'Imu con l'aliquota base si applicherà alla rata di giugno: ma sarà provvisoria, con il conguaglio di dicembre il governo potrà ritoccare ulteriormente il prelievo. Quindi non sappiamo se dopo l'estate ci aspetta non solo una super-Iva, ma anche una super-super Imu. E poi si promettono, dopo il rigore, l'equità e la crescita: ma com'è possibile con queste decisioni? E se neppure il governo dei bocconiani riesce a mettere i cittadini in grado di farsi due conti, di tirar giù un bilancio familiare, un preventivo di impresa? Ecco: per prima cosa è il momento che Monti e i suoi scendano dalle loro torri accademiche, dall'empireo di relazioni planetarie nel quale tutti si complimentano a vicenda, e si calino finalmente nella realtà. Scoprirebbero che oltre all'Eurogruppo ed al Forum di Boao esistono corsie di ospedali, gente perennemente in coda per pratiche di pochi spiccioli, i famosi giovani (e non solo) a mille euro al mese. Se i partiti che abbiamo appena, ma appunto provvisoriamente, spedito in soffitta erano la casta, la cifra dei professori appare sempre più una compiaciuta autoreferenzialità globale, una piramide nella quale i cittadini sono la base, ed il potere se ne sta su in cima. Con meccanismi decisionali ogni giorno meno noti e condivisi: eppure si tratta spesso di frustate sulla pelle. Erik Jones, docente di Studi europei alla John Hopkins University, ha spiegato il problema al Foglio: «Finora gli europei, di fronte all'austerità imposta dai tedeschi, hanno reagito più con stoicismo che con estremismo. Ma qualcosa sta cambiando, non solo a partire dal Mediterraneo». Ogni governo che nasce all'insegna della finanza straordinaria, è la teoria, ha una finestra di 18 mesi nei quali l'opinione pubblica accetta sacrifici immediati in cambio di vantaggi futuri. Purché la prospettiva sia certa. È stato così nella Polonia post-sovietica e nell'Irlanda dei crac bancari. E, aggiungiamo noi, anche nell'Inghilterra della Thatcher e negli Usa post-Lehman Brothers. Dopo un anno e mezzo però la finestra si chiude; e senza vantaggi né democrazia i paesi sterzano verso il caos sociale. È un'analisi che trova già riscontri in Grecia e Spagna, dove si è passati dal commissariamento germanico a governi eletti; i quali, come per la Spagna di Mariano Rajoy, hanno iniziato a mandare a quel paese il fiscal compact europeo. In Francia l'avversario di Nicolas Sarkozy per l'Eliseo, il socialista Francois Hollande, ha già detto che denuncerà i trattati con la Merkel. E l'Italia? In questo momento abbiamo l'unico governo tecnico dell'Occidente. Monti ha dichiarato "superata" la crisi europea: eppure la disoccupazione aumenta, Germania a parte. Il premier è in carica da novembre e alcune cose le ha fatte. Ma la materia che maneggia è nitroglicerina. A maggio 2013 potremmo andare a votare nel caos sociale: esattamente dopo 18 mesi.

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