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La Bce abbassa ancora i tassi

Il premier Monti con il presidente della Bce Draghi

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La Banca Centrale Europea abbassa i tassi all'1% per ridare ossigeno a un'economia a un passo dalla recessione, ma perde una buona occasione per comportarsi come l'omologa statunitense Fed, indipendente cioè dal potere politico di qualunque colore esso sia. Ieri Mario Draghi, presidente della Eurotower, non ha convinto i mercati finanziari sulla sua piena autonomia dai governi dell'Europa, e in particolare dalla Germania che, fedele alla sua linea rigorista, continua a non vedere di buon occhio gli acquisti sul mercato secondario di titoli di Stato. Il numero uno della Bce non si è messo in rotta di collisione con la Bundesbank della Germania della Merkel perché ha ribadito che gli acquisti di titoli pubblici dell'Eurozona da parte della Bce non sono «né eterni, né infiniti» e si tratta quindi di misure comunque temporanee. Tradotto un parole semplici significa che la banca centrale non sarà il prestatore di ultima istanza stile Fed, in grado cioè di stampare moneta seguendo proprie direttive. Una via indicata dagli economisti per risolvere la crisi del debito sovrano e che si scontra contro una struttura europea che ha creato la moneta unica non accompagnata da un altrettanto unico governo politico europeo. Draghi insomma non ha osato. Ha utilizzato la diplomazia e ha evitato ulteriori spaccature nel direttivo della Eurotower che ha perso l'unanimità anche sulla decisione per l'allentamento della politica monetaria. Una scelta interpretata però come una debolezza di fondo e una non completa autonomia dalle politiche nazionali. «La Bce - ha detto Draghi - non hai mai discusso l'ipotesi di mettere un limite ai rendimenti, da far rispettare con massicci acquisti dei titoli di Stato. Con il risultato che, insieme alle decisioni dell'Autorità bancaria europea sulle necessità di ricapitalizzazioni monstre, gli acquirenti sono scappati dai listini azionari ed è tornata la tensione sugli spread. Le misure prese dall'ex Governatore della Banca d'Italia per garantire liquidità al settore del credito e non bloccare il flusso di finanziamenti alle imprese e alle famiglie sono assi importanti calati da Draghi. Ma si tratta sempre di interventi tecnici che rientrano nel normale armamentario della Bce. Anzitutto il varo di due aste a 36 mesi che, con partenza il prossimo 21 dicembre, permetteranno alle banche di finanziarsi dalla Bce per la prima volta su scadenze così lunghe e, soprattutto, per un ammontare illimitato. Inoltre la Bce ha deciso di allargare la lista dei collaterali (le garanzie) che le banche depositano presso l'istituto centrale di Francoforte per accedere ai finanziamenti: così da ieri saranno accettati anche gli «Abs», cioè i titoli garantiti da attivi come i mutui, purché dotati di rating. Infine il margine di riserva obbligatoria («riserve ratio») per le banche che si finanziano in Bce calerà dal 2% all'1%. Strumenti messi a disposizione mentre il quotidiano Usa «Wall Street Journal» raccontava lo scenario di banche centrali europee già pronte a varare il ritorno al conio delle monete nazionali come drammatica conseguenza dell'esplosione dell'euro. Almeno in questo Draghi è stato fermo: «Sarebbe imprudente creare piano di contingenza su una contingenza che si ritiene non abbia alcuna probabilità».   Draghi ha poi escluso perché «legalmente molto complicato» un prestito della Bce al Fmi per aiutare i paesi dell'area euro in difficoltà. Inoltre ha ricordato che «il metodo con cui il denaro è incanalato verso i paesi Ue non deve oscurare il fatto che il trattato precisa che non sono possibili finanziamenti monetari dei governi». «Lo spirito del trattato sempre nelle nostre menti» ha aggiunto. Bce ha poi ha tagliato le sue stime sulla crescita del Pil dell'Eurozona nel 2012. Per il 2011 la crescita sarà tra l'1,5% e l'1,7%, per il 2012 tra -0,4% e 1%. L'inflazione scenderà sotto il 2% il prossimo anno. Infine la manovra di Monti: promossa, ma ora crescita.

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