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Berlino si convince, via al fondo salva-Stati

Ok al piano salva Stati, Angela Merkel  tra i parlamentari del Bundestag

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Il fondo salva-Stati sarà rafforzato. È una boccata d'ossigeno per l'Europa, uno strumento indispensabile per uscire dalla crisi. Con un voto a larga maggioranza il Parlamento della Germania ha ratificato gli accordi stretti lo scorso luglio tra Paesi dell'area euro sul rafforzamento dei meccanismi anti crisi. Il via libera tedesco era considerato cruciale per consentire il proseguimento degli aiuti alla Grecia, e riguarda anche l'ampliamento delle capacità operative del fondo europeo salva Stati, l'European Financial Stability Facility a cui verrà consentito di acquistare titoli di Stato già in circolazione, laddove fino ad ora poteva solo intervenire alle aste di emissione. Su 620 parlamentari del Bundestag, a favore si sono espressi in 523, altri 85 hanno votato contro e in 3 si sono astenuti. Il Cancelliere Angela Merkel ha vinto la sua battaglia personale riuscendo ad avere la maggioranza. L'esito era incerto per l'ostilità emersa dai sondaggi, di larga parte del popolo tedesco ad aiutare i Paesi più deboli. Ma alla fine il buon senso ha prevalso. Al di là delle cruciali conseguenze per il futuro della moneta unica, il voto costituisce anche una importantissima rassicurazione per la tenuta della maggioranza di governo a Berlino e per il cancelliere Angela Merkel in particolare, che avrebbe potuto uscire molto indebolita nel caso di defezioni tra le sue file. Il fondo sale da 250 a 440 miliardi e la Germania potrà garantire prestiti fino a 211 miliardi di euro, invece dei 123 assicurati finora. Rimane intanto la suspence su un ulteriore rafforzamento, sulla ricapitalizzazione delle banche europee, nonchè sulla risoluzione della crisi greca. Con l'approvazione da parte del governo tedesco, diventano 11 i Paesi che hanno dato il semaforo verde all'estensione del fondo salva Stati. Si tratta di Belgio, Spagna, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia, Finlandia e appunto Germania. Intanto si aggrava la situazione in Grecia. Ieri è stata un'altra giornata campale ad Atene dove, in coincidenza con il ritorno dei rappresentanti della «troika» (Fmi, Ue e Bce) che devono decidere sull'emissione di una nuova tranche di aiuti, migliaia di dipendenti statali hanno inscenato una clamorosa protesta bloccando gli accessi di alcuni ministeri e occupandone per parecchie ore i locali. I colloqui troika-governo erano stati interrotti un mese fa perché Atene non aveva rispettato il programma di riforme deciso di comune accordo. Ai tre componenti della troika spetta ora il compito di effettuare l'ennesima verifica sui conti pubblici e le tre parti del programma di risanamento dello Stato e, in caso positivo, dare il via libera alla concessione della sesta tranche del primo prestito da 110 miliardi di euro concesso alla Grecia. La prima parte del programma (che comprende i licenziamenti nel settore pubblico, la sospensione provvisoria dal lavoro e l'abolizione degli Enti inutili) riguarda le spese. La seconda gli Enti di previdenza sociale ed il sistema pensionistico, mentre l'ultima parte riguarda gli introiti dello Stato. Proprio nel tentativo di impedire la ripresa dei colloqui, una cinquantina di impiegati delle Finanze hanno chiuso gli ingressi del ministero dove lavorano e chiedendo un incontro con il ministro delle Finanze Venizelos. Tutti protestano contro l'ipotesi di licenziamenti prevista nell'ultimo piano di austerità. Il primo ministro greco Georges Papandreu sarà oggi a Parigi, dove incontrerà il presidente francese Nicolas Sarkozy, «per fare il punto sulla situazione che vive attualmente la Grecia». Il comunicato dell'Eliseo è stato diffuso dopo un colloquio telefonico tra Sarkozy e il Cancelliere Angela Merkel, in cui il presidente francese si è congratulato per il voto positivo sulla ratifica dell'accordo che rafforza il fondo salva-Stati.

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