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I rincari Iva colpiscono l'hi-tech

Steve Jobs della Apple

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Non solo sigarette e benzina. I rincari Iva colpiscono i settori più disparati, dalla tecnologia alla telefonia, passando per i generi alimentari, esclusi quelli ufficialmente prima necessità. Tra le prime a ritoccare in alto i prezzi al consumatore c'è Apple, i cui prodotti già costano mediamente 4-5 euro di più di prima: il modello base dell'iPhone 4, ad esempio, è passato da 659 a 664,5 euro. Tim rassicura di non aver intenzione, «per il momento» di alzare i prezzi. Rialzi anche sugli scaffali del supermercato, soprattutto su caffè, bevande gassate, vini e succhi di frutta, coinvolti direttamente nell'aumento predisposto dalla manovra. Il caffè in tazza al bar, ad esempio, ha già registrato aumenti in varie parti di Italia, spesso – denunciano i consumatori – ben al di sopra dell'1%. Stessa sorte per il caffè da preparare in casa, sul quale oltretutto, fa notare Confesercenti, pesano «incongruenze particolarmente evidenti: si paga il 20% di iva comprandolo al supermercato e il 10% se lo si consuma al bar. Lo stesso fenomeno si osserva per le acque minerali, consumo alimentare ancor meno voluttuario». Pure i beni alimentari non coinvolti dall'aumento, teorizza la Confederazione italiana agricoltori, vedranno salire i prezzi: «anche se la maggioranza degli alimenti è stata risparmiata dall'incremento dell'Iva», spiegano, «le ripercussioni sul settore ci sono comunque; in Italia, infatti, i prodotti alimentari viaggiano su gomma nell'85% dei casi e l'aumento delle spese di trasporto dovute a quello dei carburanti, andrà a pesare sui listini». In totale, fa i conti Confcommercio, l'effetto Iva porterà a un aumento generalizzato dei prezzi e un calo delle vendite. «L'aumento dell'Iva», sottolinea il presidente Carlo Sangalli, «certamente non aiuta i consumi e si riversa sulle famiglie più deboli». Secondo l'Associazione dei commercianti, già nel 2012 i consumi si ridurranno dello 0,3%-0,5%. E, allo stesso tempo, si assisterà ad un incremento dell'inflazione, del 3,1% a settembre con un picco del 3,5% a novembre. Le conseguenze, avverte il direttore dell'Ufficio studi di Confcommercio Mariano Bella, potrebbero essere severe: «Se le famiglie dovessero ridurre la propensione al consumo», spiega, «una nuova caduta in recessione diventa probabile».

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