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«Difendere l'agricoltura italiana»

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Made in Italy strategico perché garantisce etica, qualità e regole produttive

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Anzi,una scelta che è fondamentale mettere al centro, anche nella questione Parmalat, perché identifica il prodotto e agisce come leva di competitività sul mercato». Per Massimo Gargano, una vita nell'agroalimentare, non ci sono dubbi. Presidente di Unaprol, il consorzio olivicolo italiano, e già presidente dell'associazione produttori olivicoli romani e consigliere di Coldiretti, oltre che imprenditore, Gargano è convinto che «made in Italy» e italianità non siano espressioni vuote, ma importanti garanzie. Ma garanzia di cosa, Presidente? «Innanzitutto di chiarezza comunicativa verso il consumatore, Facciamo proprio l'esempio del latte. Nell'industria si indica come latte bianco il mix di prodotti di differenti regioni. Una definizione che, evidentemente, non dice nulla sulla provenienza reale del latte. E poi, la tutela dell'italianità del processo produttivo ha un valore strategico». Strategico? «Sì, perché garantisce qualità, etica e regole produttive. Ed è una difesa del territorio, del lavoro e del paesaggio e dell'economia di questo paese. Dell'economia agroalimentare, più che altro. Che è un pezzo molto importante e internazionalmente noto dell'economia italiana, destinato a rimaner tale anche nei prossimi anni. Lo sa che per ogni euro che si spende sulle strade dell'olio se ne attivano altri 5 di indotto? E consideri che di strade dell'olio, in Italia, ce ne sono 17». Quindi lei è d'accordo con i tentativi di mantenere l'italianità di Parmalat? «Stiamo monitorando la vicenda con molta attenzione, e non facciamo battaglie di parte. Chiaro che siamo interessati ad una scelta di italianità. Intesa, come le dicevo prima, come momento di identità e leva competitiva. Quello noi produttori desideriamo è un piano industriale serio che metta al centro la competitività dei mercati e l'italianità della filiera. Nessuno ci ha ancora rassicurato su questo punto, da Tremonti a Granarolo» Il direttore del Fondo Monetario Internazionale Strauss-Khan, però, lascia intendere che siano tentazioni protezionistiche. «Respingo con forza questa accusa. La nostra è una posizione responsabile nei confronti dei consumatori europei e del territorio. Il Made in Italy ha un valore competitivo, riconosciuto anche dal mercato: arrivato sullo scaffale, un prodotto a marchio Italia vale il 15% di più. Un lead competitivo soprattutto sui mercati esteri, la cui importanza per l'industria agroalimentare italiana è stata sottolineata anche dal ministro delle politiche agricole Saverio Romano» Per la tutela del Made in Italy avete creato anche un consorzio. «Sì, si chiama 100% Italiano, ed è uno strumento che certifica – con tanto di marchio di riconoscimento – l'italianità della filiera produttiva dell'olio e l'altissima qualità del prodotto e il suo basso impatto ambientale» In che modo si ottiene quest'ultimo risultato? «Vede, visto che la filiera è totalmente italiana, il nostro marchio certifica che l'olio ha percorso la strada più breve possibile dalla coltivazione alla tavola. Con il conseguente contributo per la riduzione delle emissioni di andidride carbonica. Iil chilometro zero: non una follia di Coldiretti, ma un concetto che fonde etica ed economia. Ma il marchio serve anche ad aiutare il consumatore ad orientarsi, distinguendo il nostro olio da quello degli agro furbetti». E chi sarebbero? «Coloro che immettono sul mercato olio fasullo facendolo passare per italiano. Mentre magari è greco, spagnolo. O addirittura è un olio di bassa qualità colorato con la clorofilla per farlo sembrare extravergine. Quest'atteggiamento danneggia non solo il produttore serio, ma anche il consumatore. Non ho nulla in contrario all'olio greco: ma se me lo vendi come italiano, e per questo me lo fai pagare di più, mi stai ingannando. Non sono casi isolati: per ogni bottiglia di olio italiano venduta, ce ne sono due fasulle. Un fenomeno preoccupante. Per questo bisogna tutelare la nostra realtà industriale».

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